William Tyler ha sempre preferito un atteggiamento defilato, fin da quando era parte del collettivo Lambchop in cui suonava l’organo e non la chitarra, come desiderava il leader Kurt Wagner.
Fu sicuramente questo il motivo per cui abbandonò il gruppo, perché non si riteneva all’altezza di suonare una tastiera. Il basso profilo è una caratteristica che ha mantenuto anche durante la propria carriera solista. I suoi dischi sono opere incantevoli sia per suoni che per arrangiamenti. Non fa eccezione il suo nuovo lavoro “Goes west”. Secondo M.C. Taylor dei Hiss Golden Messenger siamo di fronte alle migliori canzoni mai scritte da William e di conseguenza il nuovo album può essere annoverato come il migliore mai pubblicato.
Non si è fatto mancare nulla sia in termini di musicisti coinvolti, sia per quanto riguarda il luogo di registrazione, la California. Per la prima volta ha usato la chitarra acustica, lui che è considerato uno dei migliori manici elettrici di Nashville e in studio con lui sono transitati Bill Frisell e Meg Duffy alla sei corde, Brad Cook al basso e alla produzione, James Wallace alle tastiere, Griffin Goldsmith alla batteria e Tucker Martine come ingegnere del suono.
La differenza la fanno comunque le canzoni, mai come in questa occasione ricche di magia, disegnate da suoni cristallini, capaci di evocare spazi e visioni di un’America marginale e forse più mentale che fisica.
Le sue radici si collocano nel primitivismo capace però di contaminarsi con una cosmicità che è tipica di colui che fa dei sogni la propria cifra stilistica. Il disco si snoda lungo dieci tracce strumentali capaci di creare un blend sonoro tra Nashville, gli Appalachi e la California.
La presenza di Frisell porta a paragoni con il disco “Nashville”, a volte certe accordature richiamano alla memoria il grande Bert Jansch, ma non pensiate che si tratti di imitazione perché Tyler è dotato di personalità propria e di grande gusto personale.
Ascoltate il brano “Alpine star”, uno splendido folk rock, oppure “Call me when i’m breathing again”, capace di condurci lungo sentieri bucolici attraverso suoni di assoluta brillantezza.
Bravo William hai saputo donarci un disco che verrà ricordato a lungo, magari da pochi eletti, ma tanto basta!!!


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