THE WHITE BUFFALO – ‘Year Of The Dark Horse’ cover albumIl ‘White Buffalo’ sta aprendo la strada al ‘Dark Horse’.

Il maestro del blues americano Jake Smith, conosciuto professionalmente come The White Buffalo, è tornato con il proprio ottavo album in studio, “Year Of The Dark Horse”. Descritto come ‘il lavoro più ambizioso e completo dell’artista fino ad oggi’, il disco mostra l’arte canora di Smith attraverso una narrazione vivida e un lirismo toccante.

‘Il mio LP è un viaggio sonoro e lirico di un anno lunare nella vita di un uomo’ spiega il musicista del nuovo rilascio, ispirato dal mutare delle stagioni. ‘Quattro stagioni in 12 canzoni… liberamente basate sulle mie verità e avventure contorte’, continua.

Le 12 tracce dell’opera sono descritte come basate su ‘una storia di dissolutezza e colpa, di amore e perdita, una vita vissuta contro ogni previsione, il tutto ambientato in un anno lunare, seguendo il nostro antieroe attraverso alti e bassi delle stagioni’.

Avendo un debole per un suono rootsy-folk brillante e spogliato, The White Buffalo sta pascolando fuori dalla propria zona di comfort in “Year Of The Dark Horse”. ‘Volevo mostrare l’effetto stagionale sul cuore e sulla mente’, aggiunge Jake. ‘Volevo anche abbandonare, sonoramente, tutto. Fuggi dalle grinfie e dai generi acustici a cui sono stato associato e a cui sono stato incatenato. Volevo fare il mio album delle cuffie. Ogni canzone sanguina nella successiva’.

La precedente uscita del nostro aveva un suono ben definito e intimo, questo sembra non volere seguire alcuna direzione. Aiutato dal produttore Jay Joyce, si diletta a dipingere colori musicali a seconda del proprio sentire in quel preciso momento.

Si dà inizio alle danze con “Not Today” che si apre ad una dimensione pop, viene citato Springsteen in un brano dolce e carezzevole quale “Winter Act 2” per poi addentrarsi nella più pura distorsione che risponde al titolo di “Love Will Never Come/Spring’s Song”.

C’è un momento di pura estasi che viene raggiunto con due brani dalla struttura semplice, ma toccante (“C’mon Come Up Come Out” e “Love Song #3”).

Il nostro sa come creare melodie che sfiorano la perfezione e che potrebbero essere immortali se il nostro mondo funzionasse come dovrebbe, ma, purtroppo, saranno in pochi a deliziarsi con questo disco autentico e ricco di anima!!!


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