“Voices Of Bishara” è uno dei primi tre album jazz del 2022 finora e ci vorrebbe la seconda comparsa di John Coltrane, Charles Mingus, Horace Silver e Lee Morgan per minacciare di rimuoverlo. Prima di entrare nei dettagli, il retroscena…
Batterista epico e trasversale ai generi, Skinner ha acceso il jazz britannico e le musiche affini per circa vent’anni. È emerso tra la coorte di musicisti vagamente raggruppati attorno al collettivo di ‘self-help’ F-IRE (Fellowship for Integrated Rhythmic Expression) che ha dato energia alla scena jazz londinese all’inizio del nuovo secolo. I primi avvistamenti degni di nota includevano il coinvolgimento di Tom nel sassofonista tenore Ingrid Laubrock, ora residente a Brooklyn.
Da allora, i numerosi punti di riferimento del ‘CV’ del nostro includono, nel 2011, la co-fondazione di Sons of Kemet con Shabaka Hutchings e, nel 2021, la co-fondazione di Smile con Thom Yorke e Jonny Greenwood dei Radiohead. Un progetto meno celebrato, ma ugualmente rivoluzionario, è stato quello della formazione da ballo del centro di Londra/Nairobi Owiny Sigoma Band, nel 2010.
La band Voices Of Bishara abbraccia la generazione F-IRE e gli alfieri della scena jazz alternativa londinese post-2016. Il bassista Tom Herbert è quasi contemporaneo di Skinner e negli anni 2000 è stato un membro degli influenti Polar Bear e Acoustic Ladyland, entrambi strettamente intrecciati con le formazioni di Laubrock. Dalla scuola del 2016 provengono i sassofonisti tenore Shabaka Hutchings e Nubya Garcia e il violoncellista Kareem Dayes.
Il set è nato da una sessione di ‘Played Twice’ eseguita dal quintetto ai Brilliant Corners di Londra. L’evento regolare ha avuto un formato vincente: un disco classico è stato riprodotto per intero attraverso il sistema audiofilo del bar, dopodiché un ensemble d’élite ha improvvisato la propria risposta. La serata in questione si è concentrata su “LifeTime” del batterista Tony Williams (Blue Note, 1965) e i risultati furono così buoni che Skinner decise di scrivere il materiale che divenne “Voices Of Bishara”.
L’album è stato registrato dal vivo in studio e poi Tom si è dato da fare con le ‘forbici da montaggio’. Le ha applicate con gusto, piuttosto alla maniera di autori di disco/house come Theo Parrish, che alla fine degli anni ’90 ha iniziato a creare brani in un processo che era radicale, come la tecnica del cut-up letterario di William Burroughs, sebbene senza l’elemento del caso. ‘È stato davvero incoraggiante mandare a puttane un po’’, dice Skinner. ‘Per scherzare con la musica e vedere cosa era successo’.
Quello che è accaduto sono poco più di trenta minuti di esaltato jazz. È a turno tumultuoso, quando Hutchings e Garcia scatenano i loro tenori disseminati di note spezzate, e meditativo, quando Shabaka passa al clarinetto basso, Nubya al flauto e il violoncello sonoro di Dayes si fa avanti. Skinner e Herbert suonano insieme da oltre vent’anni e sollevano, spingono e ancorano le cose in una formazione ravvicinata immacolata.
Il titolo è stato ispirato dal disco solista del violoncellista americano Abdul Wadud, ”By Myself”, che ha pubblicato per la propria etichetta Bisharra nel 1978 e che Tom ha ascoltato ripetutamente nel 2020. Sebbene il titolo di Skinner utilizzi l’ortografia più convenzionale della parola araba, entrambi si traducono come ‘buone notizie’. Purtroppo, Wadud è morto nel 2022.
Un rilascio che conferma la statura di questo musicista, tra i più interessanti emersi dalla scena londinese!!!
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