Amo Thalia fin da quando la sentii per la prima volta nei Come di Chris Brokaw, gruppo che nacque a Boston negli anni novanta dopo che la nostra cercò di disintossicarsi dall’eroina. Non erano quelli i suoi inizi musicali che datano fine anni settanta e che hanno avuto il momento più importante dal 1987 con la nascita del gruppo no-wave Live Skull propugnatore di un sound fortemente abrasivo.
La Zedek intraprese la carriera solista nel nuovo millennio pubblicando dischi per etichette di culto quali la Matador e la Thrill Jockey. Erano tutti lavori di discreta fattura forse perché si circondava di musicisti non all’altezza, che non rendevano giustizia delle sue capacità e soprattutto non venivano esaltate le sue qualità di sensibilità e capacità interpretativa.
Il disco di due anni fa “Eve” fu, invece, un gran bell’album forse perché gli accompagnatori sembravano di un livello decisamente superiore rispetto ai soliti.
Purtroppo devo dire che il nuovo “Fighting season”, pur presentando la stessa band la riporta indietro nel tempo. Sembra sempre di ascoltare la stessa traccia che ha un andamento costante, partenza di chitarra tranquilla, ingresso della sezione ritmica, cantato sempre identico a se stesso, piccola variazione in termini di aggressività della sei corde, ritorno alla tranquillità e chiusura.
Gli unici pezzi che si elevano dalla media sono “War not won” in cui appaiono una tromba ed un piano e “We will roll” in cui è assente la sezione ritmica. Troppo poco per poter apprezzare un’opera su cui avevo aspettative molto alte.


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