I Telefon Tel Aviv sono stati un nome interessante nell’ambito della musica elettronica nel corso della prima decade degli anni 00’. Purtroppo con la morte di Charles Cooper, metà del duo americano, hanno cessato di vivere all’inizio del 2009.
I due membri del gruppo, l’altro si chiama Joshua Eustis, provengono da New Orleans, ma la loro attività si è svolta prevalentemente a Chicago che ha dato loro la possibilità di accasarsi presso la Hefty Records, una delle etichette di punta della Windy City.
Hanno tentato di fondere l’attitudine alla ricerca melodica con un approccio marcatamente digitale, riuscendo a creare soffici bozzetti elettronici. Le loro fatiche discografiche non hanno mai suscitato il clamore di altre opere, anche minori, di colleghi ben più quotati, tuttavia il file rouge che unisce il loro debutto, accolto in maniera entusiastica dalle riviste di settore, all’ultimo “Immolate Yourself” è ben riconoscibile. La storia dei Telefon Tel Aviv iniziò nel 1999 ed è stata importante per definire le coordinate della musica elettronica moderna.
Assieme ad alcuni contemporanei musicisti tedeschi e scandinavi sono riusciti a miscelar, dando corpo ad un sound denso e compatto, elementi glitch con una componente melodica di forte impatto. Ricordando che le loro fonti erano tanto la chillout music che l’elettronica dance, hanno saputo creare un suono forse non originalissimo, ma capace di toccare le corde dell’emozione attraverso momenti di pura poesia.
Di loro mi ha sempre affascinato il nome scelto, capace di evocare invisibili linee di comunicazione tra Oriente e Occidente, fili del telefono fatti di bit e bleep, multiculturalità e multimedialità.
La discografia è composta di soli tre album, i primi due usciti per la Hefty Records mentre il canto del cigno fu dato alle stampe dalla Bpitch.
L’esordio “Fahrenheit Fair Enough” si muove tra IDM e languide strutture melodiche creando un effetto che ci trasporta in una situazione temporale non definita che stuzzica la nostra immaginazione. Dal disco sono banditi riff, accelerazioni, beat eccessivamente invadenti mentre si dà spazio ad architetture che cementano in maniera lieve le loro fondamenta su reti fittissime di gorgoglii digitali.
L’opera conclusiva “Immolate Yourself” da tutta un’altra idea di gruppo. Le trame soffici e tenui fanno spazio al ritmo, beat turbinosi si rincorrono in un moto definito e sezionato in tutto lo svolgersi del lavoro.
Ai due dischi appena citati io preferisco l’album di mezzo, “Map Of What Is Effortless”, uno splendido esempio di sofisticato pop elettronico. Una produzione impeccabile e avvolgente che difficilmente si riscontra nel mondo delle etichette indipendenti.
Se avesse avuto la promozione e la spinta di una major alle spalle sarebbe potuto divenire un successo mondiale. Molti ascoltatori rimasero delusi dalla strada intrapresa dal duo, più orientata verso la forma-canzone.
Arrangiamenti di grande ricchezza sonora, costruiti attorno ai suoni avvolgenti dei Rhodes e degli archi, creano un intarsio eccellente in tutti i brani. Basterebbe l’uso della voce di Lindsay Anderson dei meravigliosi L’Altra per dissipare ogni dubbio sulla qualità del lavoro in questione.
Lindsay canta in tre situazioni: “My Weeks Beats Your Year”, un electrofunk alla Prince, “Bubble and Spike”, forse la canzone più bella del disco o perlomeno quella con la capacità melodica più accattivante e “What Is Was Will Never Again” in grado di toglierci il fiato grazie al suo meraviglioso crescendo.
Ci sono poi le canzoni interpretate dall’ottimo Damon Aaron, veri e propri gioielli di soul digitale: “I Lied”, “Nothing Is Worth Losing That” e “At The Edge Of The World You Will Still Float”. Se non fosse per la ricca produzione fatta di tanti piccoli particolari ed opulenta di strati sonori, potrebbero essere scambiati per brani di R’n’B che invadono Mtv.
L’opera è completata da tre magnifici pezzi strumentali, che dimostrano come non sia sempre necessaria la voce per comporre tracce in grado di superare indenni le scorie del tempo.
I Telefon Tel Aviv se li sono scordati tutti, anche coloro che solo una quindicina di anni fa ne magnificavano le gesta. Se vi capitano sottomano date loro un ascolto. Le loro sonorità, che alternano dolcezza e asperità, e toccano il cuore tanto nel loro farsi malinconico e sommesso, quanto nel loro svilupparsi acido e ruvido, sapranno ancora ammaliarvi!!!


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