SPARKLE DIVISION: “To Feel Embraced” cover albumPop, lounge, exotica e disco, groove campionati ed elettronici, un faustopappettiano sax, ospiti compianti quali Henry Grimes e Leonora Russo (anche nella cover) e non (Xeli Grana, dall’Inghilterra), il tutto rivisto con una patina mutaforme che può mostrarsi vaporwave come space jazz dalle parti della Brainfeeder. Sono gli Sparkle Division, ovvero il duo composto da William Basinski e (il suo assistente di studio) Preston Wendel, e “To Feel Embraced” è il loro album d’esordio anticipato dai brani “You Go Girl!” “Oh Henry!” e “To the Stars, Major Tom”.

Per coloro che conoscono principalmente William Basinski per tentacolari opere ambient come “The Disintegration Loops”, potrebbe rimanere leggermente basito visto che si tratta di musiche distanti anni luce da quelle che normalmente elargisce William, mentre sono molto più legate a quella, cinematografica e notturna, che propone Barry Adamson. Lui e il suo collaboratore Preston Wendell sono stati seduti su “To Feel Embraced”, il loro disco di debutto come gruppo, per un po’, e solo ora hanno scelto di pubblicarlo. Apparentemente, avevano delle riserve a far cadere quello che vedevano come un album ‘euforico’ in un mondo sempre più travagliato, ma come ha commentato Basinski di recente, ” Beh, dannazione, se il tempo non è adesso, non lo sarà mai!”.

È un ascolto totalmente disarmante – anche se ‘euforico’ non sembra proprio la parola giusta – un cocktail disorientante di lounge jazz, psichedelia nebulosa, funk deformato ed edonismo da Studio 54 mal ricordato. Contro le probabilità, è praticamente perfetto. Ci sono tracce del lavoro precedente di Basinski, nella delicatezza della produzione, il sibilo del vinile e la compressione pulsante che tradiscono i mondi sonori in cui si sono concentrati i suoi precedenti interessi. Si possono anche cogliere sfumature intermittenti di influenze qua e là – il lavoro di Leyland Kirby come The Caretaker incombe su alcuni degli arrangiamenti jazz sonnambuli, e ci sono paralleli da tracciare con la nostalgia malinconica dei dischi Lucky Pierre di Aidan Moffat.

Spinto dall’insistenza di Wendell, il compositore texano ha, per l’occasione, perfino rispolverato il proprio saxofono, strumento che fa un po’ la parte del leone all’interno del disco; la sensibilità jazz che lo pervade viene accentuata dalla partecipazione straordinaria del leggendario contrabbassista Henry Grimes, scomparso proprio lo scorso aprile, o da un titolo come “For Gato” – ispirata improvvisazione dedicata con tutta probabilità al sassofonista argentino Gato Barbieri. Se prestate attenzione non vi sfuggirà la presenza di pezzi che rimandano alle sigle dei polizieschi anni sessanta, che così tanto sono tornate ai nostri giorni (“You go girl…”, Mmmmkayy i’m goin’out now and i don’t want any trouble from you!”), accenni dub-breakbeat guidati da sax e xilofoni capaci di stenderti al primo assaggio (“No exit” e il brano omonimo), improvvisazioni jazzate eleganti e sensuali guidate dal drive di un contrabbasso (“Oh Henry!” che vede la presenza di Grimes e rappresenta uno dei vertici dell’operazione). Non mancano momenti ambient per ‘dark room’ (“To feel”) capaci di indirizzarsi verso il trip-hop grazie all’ingresso vocale femminile leggermente ‘stonato’.

Si tratta di un’uscita veramente interessante e piacevole all’ascolto, dotata della grande intelligenza del suo autore!!!


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