15-60-75 (THE NUMBERS/BAND): “Endure” cover albumMusicisti che hanno sempre svolto la propria attività nel triangolo Kent-Akron-Cleveland nell’Ohio, i 15 60 75 (The Numbers/ Band) ha perseguito una visione singolare del blues, del rock e del jazz per 50 anni, e continua a mantenere un fitto programma dal vivo e a scrivere nuovo materiale.

Per celebrare il proprio cinquantesimo anniversario, il gruppo si è esibito alle 19:00 di sabato 29 febbraio al Kent Stage e alle 20:00 di sabato 14 marzo al Beachland Ballroom.

“Diamo il meglio alle persone”, spiega il fondatore della band Robert Kidney in un comunicato stampa. “Il nostro impegno si concretizza nell’essere creativi, unici e originali. Definiamo il nostro suono. Non ci sono regole perché non giochiamo. Non ci siamo per il gioco, ci siamo per la musica. “

Kidney ha registrato ed è stato in tour con Anton Fier e i suoi Golden Palominos. Lui e suo fratello Jack hanno girato due volte l’Olanda e hanno suonato a Londra. L’intera band si è recata a Londra per esibirsi alla Royal Festival Hall nel 2000. Naturalmente, operando in Ohio, non potevano mancare nel corso degli anni incontri con David Thomas e Chris Cutler, che hanno aiutato, insieme a Fier, i fratelli Kidney, cioè il frontman Robert e Jack, senza però che la loro fama sia aumentata, soprattutto dalle nostre parti. È un vero peccato perché la band è entusiasmante, un combo di blues bianco che fa largo uso dell’armonica e che si muove anche in ambito jazz e, a volte, anche in quello country-rock. Sembrerebbe una formazione come ce ne sono tante, ma la presenza fin dall’inizio di un sax, nelle mani di Tommy Hynde, contribuisce a spostare le coordinate sonore, visto l’uso che ne viene fatto, come se provenisse da qualche jam session free degli anni settanta. Poi la voce di Robert, più uno storyteller che un cantante, dotata di limpidezza, potenza ed espressività anche se di estensione limitata, ma unica ed inimitabile.

Dal vivo pare che siano una bomba nonostante la tecnica chitarristica lasci a desiderare, ma proprio per questo motivo vengono evitati gli stereotipi del bluesman bianco. Era da tempo che non si facevano sentire con una nuova prova in studio (i concerti, invece, non hanno mai subito interruzioni), sono presenti diversi inediti, pezzi tratti da vecchi dischi oppure incisi dal vivo. Ad un primo ascolto sembra di avvertire la mancanza di classici istantanei come accadde per “The inward city”, forse il loro disco più compiuto.

Ma “Wolf” risulta uno dei vertici della loro produzione, mentre “And whirl around”, caratterizzato dal connubio sax-armonica, sa trasportarci in un viaggio da capogiro. Poi sanno coinvolgere in brani tipici da locali fumosi di terza categoria, con un’atmosfera noir grazie all’utilizzo del piano, oppure, in alternativa, dell’organo Hammond. È un’opera che mette in mostra vita vissuta, disperazione dell’America proletaria, quella che veniva descritta da Woody Guthrie. Il tutto è sostenuto da un groove che non ha pari e che li rende perfetti per un ascolto in macchina, mentre si guida su quelle strade che si perdono a vista d’occhio.

Imperdibili!!!


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