SARAH SISKIND- “Modern Appalachia” cover albumProseguendo la mia ricerca nei meandri della musica americana sono venuto a conoscenza dell’esistenza di Sarah Siskind, cantautrice e folksinger del North Carolina, autrice di circa una mezza dozzina di album a partire dal 2002, ma che mi era completamente sconosciuta fino alla scoperta del nuovo lavoro, “Modern appalachia”. Sconosciuta a me, ma non a diversi illustri colleghi quali Alison Krauss, Randy Travis, Wynonna Judd che hanno inciso suoi brani, oppure Bon Iver che la ha voluta come opening act nei suoi concerti, arrivando anche a duettare con lei. Era dal 2005 che Sarah non si faceva sentire, dal disco “In the mountains”. Fortunatamente in questi quindici anni di latitanza la nostra non ha perso il tocco, anzi mi sembra di poter affermare di essere al cospetto di una notevole uscita.

La scintilla che ha dato vita a questo album è scaturita quando quattro anni fa Sarah ha visto esibirsi in un locale dove facevano musica dal vivo un terzetto di jazz-rock-fusion formato da Mike Seal alla chitarra, Daniel Kimbro al basso e Jeff Sipe alla batteria, rimanendone talmente colpita da reclutarli per il suo prossimo album; a questo punto mancavano le canzoni, e Sarah si è presa tutto il tempo per scriverle, andando in studio coi tre musicisti solo quando si sentiva pronta, con l’aiuto del co-produttore e tecnico del suono Jason Lehning e registrando praticamente in presa diretta, con pochissime sovraincisioni.

Il risultato è un moderno disco di folk cantautorale a cui si associano elementi jazz e rock che derivano dal trio che la accompagna. La Siskind ha portato una serie di brani di qualità notevole, eseguendoli con grande intensità e in modo coeso con il resto della band. A volte sembra di ascoltare il Bill Frisell (presente in un paio di pezzi) quando si cimenta nel versante folk, in qualche episodio il chitarrista, Mike Seal, ricorda Neil Young, ma i meriti maggiori sono da ascrivere a Sarah, alla sua scrittura e alla sua intuizione nella scelta dei musicisti.

Alcune delle canzoni iniettano parte della spiritualità che è tipica della vita quotidiana in quella parte del paese. “Rest In the River” trasforma il viaggio verso la preghiera quotidiana in una marcia evangelica verso l’acqua che ripulisce da tutti i problemi. “In the Mountains” è una sorta di valzer new age honky-tonk in cui si possono abbandonare i fardelli che gravano nella quotidianità di ogni essere umano. Musicalmente, l’anomalia del disco è “A Little Bit Troubled”. È un R’n’R diretto, con una chitarra straziata e un ritmo trainante che avrebbe reso Tom Petty orgoglioso.

Ciò che continua a portarmi ad ascoltare “Modern appalachia” è il suono delle chitarre jazzy progressive rock, ma pure alcuni testi profondi e penetranti e forse questo tipo di arte è quello che la gente dovrebbe pensare come il prodotto delle montagne della Virginia e della Carolina, non il carbone. In ogni caso, si tratta di un’esplorazione musicale che ha molte delle stesse radici di Twangville.

Il classico album che non ti aspetti e che, invece, ti riempie le giornate ascoltandolo di continuo perché veramente bello e coinvolgente emozionalmente!!!


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