JIMMY HEATH- “Love Letter” cover albumUn mese prima di lasciarci, il 19 gennaio di quest’anno, alla ragguardevole età di 93 anni (76 di carriera musicale!), Jimmy Heath aveva dato il tocco finale al suo nuovo e ultimo album. Amico per la pelle di Miles Davis fin dal dopoguerra, Heath è entrato nel mondo del grande jazz (e delle mitiche dinastie di questa musica: il grande contrabbassista Percy e il batterista Al “Tootie” erano suoi fratelli) contribuendo a creare il linguaggio del bop. In questo suo vero lascito musicale, per la prima volta nella sua vita, il tenorsassofonista affronta un repertorio di sole ballad, e lo fa in splendida compagnia: Kenny Barron al piano, Russell Malone alla chitarra, David Wong al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria. E non è finita: ci sono anche le voci di Cécile McLorin Salvant e Gregory Porter così come la tromba di Wynton Marsalis, ospiti di lusso in questa vera “lettera d’amore” al jazz e alla vita.

Heath si esibì in più di cento album durante la sua carriera e lavorò praticamente con ogni gigante del jazz della sua generazione (e più di pochi delle generazioni successive). Questi includevano Dizzy Gillespie, John Coltrane, Benny Golson, Kenny Clarke, J.J. Johnson, Howard McGhee, Miles Davis, Clifford Brown, Cannonball Adderley e Philly Joe Jones. E questo era solo tra il 1947 e il 1951. Mancano altri sei decenni.

In “Love Letter”, Heath suona il tenore su sette tracce e il soprano su uno. Jimmy è stato un compositore di talento e tre dei suoi pezzi sono inclusi in “Love Letter”: “Fashion or Passion”, da una commissione al Jazz Lincoln Center Orchestra del 2004, “Inside Your Heart”, da un progetto del 2010 con la Seattle Repertory Jazz Orchestra, e “Ballad From Upper Neighbor’s Suite”, del 1995. È proprio quest’ultima che ha l’onore di aprire l’album, che vede una lunga introduzione di Wong per una versione veramente eccezionale. Il soffio dell’anziano sassofonista è autentica poesia, sembra quasi anelare al più alto livello possibile. Ad aggiungere un ulteriore tocco di lirismo ci pensa il grande Kenny Barron. “Left alone” viene dal repertorio di Billie Holiday, in quest’occasione la voce proviene dalla Salvant, ma è Heath a regalare momenti di raffinata seduzione , mentre Malone agisce in sottofondo a dispensare finezze dimenticate. Un sax soprano ci introduce alle delizie di “Inside your head” a cui fa da contraltare un vibrafono etereo che ricama in sottofondo.

Quello che ci dona questo disco è un senso di meraviglia, una capacità di toccarci il cuore che si rende protagonista in un paio di brani veramente di classe superiore. Il primo è “La Mesha” in cui gli interventi di Wynton Marsalis e di Barron sono da prendere d’esempio di come si debba suonare in simili composizioni. Il secondo, “Don’t misunderstand” (dal repertorio, fra gli altri, di Arthur Prysock, Etta Jones e Nancy Wilson), vede protagonista Gregory Porter, capace di elevare il brano a livelli più alti di quanto già sia la sostanza compositiva.

Se canto del cigno doveva essere questo lavoro è sicuramente imbattibile!!!


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