Mi piacque parecchio il primo disco di Sarah Louise uscito per Thrill Jockey nel maggio dello scorso anno. Ne fui talmente affascinato che mi misi alla ricerca dei lavori pubblicati in precedenza rimanendone soddisfatto.
Nella carriera della nostra c’è tutto un bucolico background folk che si contamina con una psichedelia cosmica rendendo le parti strumentali strepitose, mentre la voce a volte assume toni un po’ sopra le righe che mi disturbano leggermente. In “Nighttime Birds” la musica degli Appalachi così come il jazz spirituale, la classica contemporanea e la new age, hanno rappresentato un’ispirazione cruciale per Sarah Louise, che in questo suo secondo disco in solo per Thrill Jockey spicca letteralmente il volo.
Un album che è un tributo a madre terra, dove la componente psichedelica è ulteriore elemento di trascendenza. Una musica che è anche esperienza di guarigione, tanto che Sarah ha assemblato i pezzi tenendo in mente proprio questo percorso.
L’opera si snoda lungo otto tracce eseguite per lo più con una chitarra elettrica, ma suonano molto aliene, capaci di trasportare la mente in galassie lontane. C’è un impiego di sintetizzatori ed elettronica per poter dare vita alle improvvisazioni da cui sono nati i brani, che si amalgamano con field recordings, probabilmente il modo migliore pensato da Sarah per realizzare la sua idea che sta alla base dell’album, cioè una musica capace di avere effetti su tutto il nostro corpo.
In definitiva un album che vede la Louise allontanarsi dai sentieri folk e dal primitivismo chitarristico degli esordi per approdare a forme musicali in cui scarne trame elettriche si contaminano con manipolazioni digitali per creare una forma di spiritualità affascinante, ma di difficile fruizione.


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