“It Could Be Home” è un debutto che ha avuto circa 30 anni di gestazione.
Nato dalle ceneri della post-punk band di Liverpool e dall’art-rock band After The Stranger, il progetto Plenty ha preso forma nel 1986 ed è stata la creatura di Tim Bowness prima dei No-Man con Steven Wilson.
Il suono della band andava a rielaborare quello di artisti (all’epoca) contemporanei, come The Blue Nile e Prefab Sprout – oltre ad artisti come David Bowie e Peter Gabriel – ottenendo qualcosa di magico in bilico tra inni electro-pop, struggenti ballate e sperimentazioni Ambient.
Tra la primavera 2016 e l’estate 2017, i membri fondatori, ovvero Tim Bowness, Brian Hulse e David K Jones hanno ri-registrato le canzoni scritte negli anni ’80 e hanno iniziato a completare quell’album di debutto che avrebbe dovuto veder la luce ormai tre decenni fa.
Eccezion fatta per la rivisitazione di alcuni testi e per dei nuovi arrangiamenti, la band è rimasta assolutamente fedele allo spirito delle registrazioni originali ed all’epoca in cui sono state scritte. “It Could Be Home” mostra le origini dello stile che è divenuto marchio di fabbrica di Bowness prima e dei No-Man dopo, rivelando inoltre alcuni aspetti diversi della voce di Tim, del basso di Jones e della chitarra di Hulse. Un tesoro di ART-POP prima perduto, poi finalmente ritrovato in condizioni eccellenti.


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