L’Orchestra in questione è un gruppo di provenienza neozelandese e, con la pubblicazione di due anni fa, si dimostravano dei credibili e convincenti musicisti sulla scia del ritorno in auge del post-punk. Affermo questo con convinzione in quanto, pur riproponendo quel sound derivativo, lo superavano grazie ad una capacità di comporre brani personali e stimolanti.
Il nuovo lavoro lascia attoniti in quanto indecifrabile musicalmente e pure perché di una lunghezza esagerata. La quarta uscita della band su Fire Records è un’esplorazione di energie e atmosfere, da intensi funk futuristici ed assemblaggi di nastri a riflessioni spazzate dal vento da un angolo lontano del mondo. Il disco combina l’estatica potenza ritmica dell’Orchestra con voci ritualistiche ed una tavolozza strumentale ampliata dalla presenza di fagotto, arpa, viola, clarinetto basso, sax soprano, flauto e ektars con arco.
L’interazione tra i membri del gruppo punta ad esplorazioni jazz psichedeliche, con i batteristi Woild Boin e Farmerboy che tracciano profondi groove da cui scaturiscono le linee di basso sincopate di Etonal E, i synth di Mos Iocos e la chitarra fuzz di Baba Rossa. Un disco che sa stravolgere gli ordinamenti pre-esistenti, lanciando la formazione neo-zelandese nelle profonde volte celestiali.
Il disco parte con la title track che ci inonda di un bordone di viola che ha un accompagnamento ritmico dalle atmosfere alquanto oscure ed inquietanti per poi vederci catapultare con “Summer fungus” in africa occidentale senza perdere in credibilità. C’è spazio anche per “Koudede” che si colloca sempre in Africa, ma più a nord ed è una celebrazione per lo scomparso leader dei maliani Group Inerane.
Un lavoro sorprendente se il punto di riferimento è il passato dei nostri, ma comunque stimolante all’ascolto anche se si arriva in fondo un po’ stanchi vista la durata dell’opera!!!
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