NEW RIDERS OF THE PURPLE SAGE – ‘Lyceum ‘72’ cover albumUn pezzo di accompagnamento al “Lyceum Theatre 5/26/72” dei Grateful Dead, questo album del concerto dei New Riders, dalla stessa venerabile sede britannica, è un lavoro altrettanto celebrativo. La sua pubblicazione fornisce un anello mancante in quella leggendaria e tumultuosa storia di guerrieri psichedelici in tour attraverso l’Inghilterra e il continente europeo cinquant’anni fa.

Quella distinzione notata in questa registrazione non è del tutto dissimile dalle precedenti uscite NRPS sull’etichetta Omnivore. “Field Trip” del 2020 e “Thanksgiving In New York City” dell’anno precedente contengono brani che riappaiono qui nelle forme varie ed eclettiche di “I Don’t Need No Doctor” e “Last Lonely Eagle”. E “Leaving On Her Mind” di Charlie Pride, star country dell’epoca, ha la particolarità di aprire questo set di quasi ottanta minuti, come ha fatto con la suddetta ultima uscita.

Tuttavia, l’ordine di esecuzione delle selezioni varia in modo significativo tra i tre titoli, creando senza dubbio un’esperienza tanto fresca da ascoltare quanto da suonare. Anche se è giusto dire che i New Riders stavano certamente raggiungendo il loro passo collettivo a questo punto, non erano neanche lontanamente compiacenti: con inconfondibile gusto, ad esempio, si sono fatti strada attraverso un’altra cover scelta con cura sotto forma di “Hello Mary Lou ”, registrato con non poco successo nel 1961 dall’idolo degli adolescenti e primo pioniere del country-rock Ricky Nelson (la cui Stone Canyon Band comprendeva il bassista Randy Meisner che sarebbe poi diventato membro dei Poco e degli Eagles).

“Lyceum ’72” si distingue anche per alcuni nomi più familiari nei titoli di coda, non ultimo quello della leggendaria Betty Cantor-Jackson. È una delle registrazioni il cui lavoro è stato successivamente mixato da Jeffrey Norman e masterizzato da David Glasser, entrambi famosi nell’archivio contemporaneo dei Grateful Dead, per la chiarezza audio disadorna. L’atmosfera della stanza arriva con quasi lo stesso realismo della musicalità della band.

Forse la notazione più significativa, tuttavia, è quella per il produttore Rob Bleetstein, che negli ultimi anni ha guidato l’esumazione del caveau NRPS. È una prova della sua umiltà, tuttavia, il fatto che si sia rivolto al road manager Sam Cutler per la paternità di queste note di copertina: questo di per sé è un riferimento notevole in quanto quest’ultimo aveva lavorato anche per i Rolling Stones quando erano tornati sulla strada tre anni prima.

In effetti, “Honkey Tonk Women” di Jagger, Richards e compagnia è la conclusione qui (il secondo dei brani di quella band insieme a, non a caso, “Connection”). L’economia dolce e di buon gusto che Buddy Cage mostra sul suo pedal steel per “Truck Drivin’ Man” – lo strumento presenta alcuni effetti giudiziosamente aggiunti altrove durante “Sailin'” – si unisce alla concisa Fender elettrica di David Nelson come gli elementi più importanti di questa elegante miscela di strumenti.

Ma quel mix non è molto più accurato della voce di gruppo dei New Riders, guidata dal cantante principale (ma non unico) John ‘Marmaduke’ Dawson, autore della maggior parte degli originali NRPS come “Glendale Train”. Anche l’autocontrollo della sezione ritmica del bassista/cantante Dave Torbert e dell’ex batterista dei Jefferson Airplane Spencer Dryden si adatta a questa musica ingannevolmente rilassata (e rilassante); è discreto, ma mai lento.

I doverosi e vivaci riconoscimenti delle principali influenze di questo gruppo sono stati precedentemente ampiamente documentati su “Bear’s Sonic Journals: Dawn of the New Riders of the Purple Sage”. Eppure il suono forgiato dal quintetto qui in mostra è tanto più autentico visto come se ne dilettano (anche se in modo sobrio); è la conferma del motivo per cui il gruppo è rimasto un act di apertura logico per l’iconica formazione in cima a questo conto molto tempo dopo i primi punti in cui i nostri comprendevano membri dei Dead.

Con un nome rimosso due volte, da una combo swing western degli anni Quaranta e da un romanzo western di Zane Grey, la scelta di un soprannome da parte di questo quintetto di cowboy cosmici potrebbe essere almeno in parte ironica. Tuttavia, come conservato per i posteri sui ventisette (!) brani di “Lyceum ’72”, l’ensemble ha chiaramente preso sé stesso e la propria musica abbastanza sul serio non solo da giustificare i riferimenti storici, ma anche da rendergli giustizia!!!


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