Per il secondo album, il collettivo scozzese ha scelto ancora una volta gli studi di registrazione Pumpkinfield Studio nel Perthshire, lasciando così intatto il fascino sfuggente di quelle deliziose sonorità chamber-folk, frutto di una elaborata sintesi di tradizione e innovazione.
Rispetto all’esordio, un delizioso affresco tra i paesaggi folk anglosassoni con tocchi di psichedelia in grado di rendere il suono meno usuale e classico, c’è un deciso passo in avanti. Grazie all’utilizzo di una piccola orchestra (violini, viole, violoncelli e tromboni), tape loops, suoni in reverse e una spruzzata di elettronica l’obiettivo è quello di creare una forma canzone pop che ancora mostri debito al folk, ma dallo stesso si allontani per una ricerca melodica e di groove che possa essere il più personale possibile.
Come punto di riferimento per le novità introdotte possiamo considerare il brano d’apertura “Get back down” in cui la voce di Emily Scott, gentile e suadente, è circondata da una ritmica pulsante e da arrangiamenti di classe cristallina.
Splendide le due ballate “Young sun” e “Horns and Trumpets” e la cameristica e minimale “It’s winter”.
Le due voci di Emily e Rob St. John riescono a creare melodie incantate, ma ciò che più colpisce dell’album è la grande attenzione che si è data agli arrangiamenti in modo che la parte strumentale sia capace di colpire la nostra attenzione con accorgimenti di gran classe.
Fatelo vostro ne rimarrete affascinati.


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