I Mercury Rev pubblicano il loro nuovo album “Bobbie Gentry’s The Delta Sweete Revisited”per Bella Union. Il disco è una rivisitazione del capolavoro dimenticato di Bobby Gentry e vede la collaborazione di numerose cantanti, tra le quali Norah Jones, Hope Sandoval, Beth Orton, Lucinda Williams, Rachel Goswell, Vashti Bunyan, Marissa Nadler, Susanne Sundfør, Phoebe Bridgers, Margo Price, Kaela Sinclair, Carice Van Houten e Laetitia Sadier.
L’idea di rifare un lavoro del passato risuonandolo dall’inizio alla fine non è certamente una novità, ma è interessante se il disco in questione è un’opera che, ai più, è sconosciuta. Quella la era e nessuno al tempo la degnò di un ascolto, troppo in anticipo per poter fare breccia.
“Bobbie Gentry’s The Delta Sweete Revisited” è il tributo devoto e affettuoso ad un album che aveva anticipato di ben tre decadi il loro capolavoro del 1998 “Deserter’s Songs”, una spedizione nell’America trascendentale, in cui la semplicità viene trasfigurata in una dimensione onirica e il Mississippi diviene luogo astratto e lisergico.
Dal loro rifugio per registrare, nelle Catskill Montains di New York, i membri fondatori Jonathan Donahue e Grasshopper con Jesse Chandler (precedentemente nella band texana Midlake) onorano il trionfo creativo della Gentry con ingegno ed eleganza. E non sono soli. Le storie di Bobbie sono portate a nuova vita da un cast di cantanti tra le quali Hope Sandoval dei Mazzy Star; Laetitia Sadier, un tempo negli Stereolab; Marissa Nadler; Margo Price, la nuova star del country dal cuore punk rock; Susanne Sundfør dalla Norvegia in “Tobacco Road”; Beth Orton in “Courtyard”; Phoebe Bridgers che come un angelo porta calma e conforto in “Jessye’ Lisabeth”.
Da un punto di vista strumentale l’album si avvale di arrangiamenti luminosi e lussuosi, quello che riesce meno sono le interpretazioni canore. Non si è riuscito a restituire quella caratteristica della Gentry legata al femminismo (non dichiarato), ma profondamente vissuto attraverso la scrittura e l’interpretazione vocale. Nonostante il dispiego di forze al canto, solo Vashti Bunyan riesce a toccare quei vertici e proprio quando il suono attorno si fa minimale.
Pur assemblato con qualche forzatura, il tributo a colei che scrisse “Ode to Billie Joe” ci restituisce i Mercury Rev come non sembrava più possibile!!!


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