MATTHEW E. WHITE – ‘K-bay’ cover album“K Bay” è il terzo album in studio di Matthew E. White disponibile dal 10 settembre via Domino. Il disco arriva a distanza di sei anni da “Fresh Blood”, è stato prodotto dallo stesso cantautore ed è stato registrato a Richmond (Virginia) tra il suo studio casalingo (chiamato proprio K Bay), il Montrose Recording e lo Spacebomb Studio.

Risultato di lunghe session di improvvisazione, le undici tracce del lavoro vengono animate dall’amore, il romanticismo e la ricerca di indipendenza, di un’identità. Con questo suo nuovo lavoro White ci racconta «che possiamo sempre lottare per qualcosa di meglio – dice la nota stampa – non importa quanto siamo imperfetti o benedetti». Un disco che non risparmia idee, suoni e arrangiamenti che potrebbero portare al paragone con personaggi quali Van Dyke Parks, noto genietto della produzione.

‘Ho sempre avuto la concentrazione di cui avevi bisogno per farlo bene’, afferma Matthew E. White sulla traccia di apertura del suo primo disco da solista dal 2015. Potrebbero essere passati sei anni, ma non lasciare che questo attenui la tua fiducia nella capacità di attenzione del cantautore e produttore originario della Virginia. Sono passati appena sei mesi da quando “Broken Mirror: A Selfie Reflection”, la sua brillante collaborazione con Lonnie Holley, è arrivata. Inoltre, in quel periodo, è stato impegnato a registrare con Flo Morrissey, a produrre per Natalie Prass, a dirigere la sua etichetta Spacebomb e a costruire K Bay, l’home studio che dà il nome al suo terzo album.

In questo nuovo disco, White si concentra sulla produzione incontaminata di queste 11 canzoni, molte delle quali superano i cinque minuti di lunghezza. In tutto, le percussioni sono implacabili (l’intensità pura dietro ogni battito è sufficiente per farti sudare), mentre la correlazione tra i riff di basso grasso e gli abili licks di chitarra su “Nested” e “Genuine Hesitation”, in particolare, sono odiosamente groovy. L’audacia sonora che caratterizza questo LP funziona perché Matthew abbraccia con tutto il cuore l’eccesso, sia nelle emozioni che nella strumentazione.

Nel creare gli arrangiamenti sfaccettati, il nostro ha registrato le tracce due volte. La prima in una band convenzionale che esegue le varie parti, e poi di nuovo con una formazione più grande che improvvisa lungo la prima ripresa, usando il tempo come guida. Il matrimonio tra questi stili di gioco, il più delle volte, tira fuori il meglio l’uno dall’altro nel pezzo finale. “Felt Like An Axe” e il tentacolare “Only In America / When the Curtains of the Night are Peeled Back” sono esempi fulgidi di come tessuti bianchi cuciti di vari toni e trame creino un patchwork di suoni perfettamente bilanciato.

Al centro del disco c’è il revival del funk degli anni ’70 che ha influenzato così tanti artisti negli ultimi anni, ma l’artista di Richmond non si affida interamente a questa rinascita. Ci sono momenti teneri nella ballata acustica in stile Kinks, “Shine A Light For Me”, e ritornelli disco che esplodono in “Judy”. In tutto, un’impressionante dimostrazione di dinamismo da parte di Matthew E. White. Se dopo un primo ascolto resterete disorientati da un simile caleidoscopio sonoro sarà assolutamente normale, ma non fermatevi perché, assecondando l’idea di White, riuscirete ad innamorarvi della stravaganza che l’autore aveva in mente!!!


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