THE NARCOTIX – ‘Mommy Issues’ cover albumIl duo folk e afro-psichedelico emergente con sede a Brooklyn, The Narcotix, è arrivato con l’uscita di debutto “Mommy Issues”, una creazione affascinante che rende omaggio al ‘folklore dei fratelli Grimm attraverso una lente afromasochistica’.

Ogni traccia è intitolata con i nomi di ispirazione biblica dei musicisti arruolati per il progetto e ogni selezione è una ruminazione apparentemente ispirata alle loro prospettive. La qualità della registrazione analogica crea un paesaggio sonoro morbido e caldo per i cantanti e polistrumentisti Esther Quansah e Becky Foinchas per dominare lo spazio con un’acustica trippy e fervore emotivo.

Sono una formazione di cinque elementi guidata da due amiche d’infanzia i cui genitori provenivano dal Camerun e dalla Costa d’Avorio. Tra una vasta gamma di influenze, menzionano la musica nuziale africana, le sinfonie corali, l’Afrobeat, i Paramore, Kofi Olomide, i No Doubt, i Nirvana e i Warpaint. Ogni traccia è un’introduzione potente, piena di atmosfera inquietante, armonie malinconiche, ritmi veloci e la chitarra ellittica di Adam Turay che bolle e ribolle.

Quansah e Foincha esprimono il desiderio con metafore terrene. In “Lilith”, cantano di abbracciare l’incertezza mentre navigano attraverso una bussola interna: ‘Cerca nell’occhio della mente e troverai/Parla la tua mente e troverai la tua strada’. Per la squillante, simile alla trance, “Rebecca”, l’atto trova potere nel canto del sacro mantra ‘Om’. Il dolore su una figura materna annebbia “John/Joseph”: ‘Stavo riposando e ora il tramonto minaccia di venire/ Implorando, implorando se mi senti/ dicendo: ‘Mamma, oh, mamma, ma dove sei andata?’ Sebbene conciso nella lunghezza, “Mommy Issues” stratifica significato, simbolismo e meticolosa esplorazione sonora.

È musica diretta al corpo in percentuali di gran lunga superiori rispetto a quanto lo sia per la mente, il linguaggio è istintivo e primordiale, quasi un’entità ancestrale che voglia manifestarsi come un messaggio.

Pregevoli i piccoli accorgimenti sonori che fuoriescono dai brani. In “Lilith” si ascoltano affascinanti tocchi di synth che danno vita ad un’ingenuità sognante, in “Adam” sono i riff della chitarra congolese che accompagnano il gioco di voci a deliziarci. In altri momenti, come accade in “Rebecca”, le voci si fanno quasi liturgiche, mentre in “Esther” sono fragili e sfacciate. In “Adonai” possiamo ascoltare polifonie che si fondono in trame acustiche dando origine ad un richiamo delle tradizioni africane.

Ogni oggetto è valido per essere suonato, i chicchi di riso in una bottiglia d’acqua, bacchette che percuotono cuscini e quaderni. Suoni che vengono, successivamente, editati ed espressi in ritmi e sottofondi (“John/Joseph”).

Non hanno ancora un contratto discografico, per ora godiamoci questo EP pregno di sensualità!!!


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