LOYLE CARNER – ‘Hugo’ cover album“Hugo” è il terzo album in studio del rapper londinese Loyle Carner. Mostrando un nuovo lato dell’artista, contiene ballate meno strappalacrime e strazianti rispetto al suo secondo rilascio, “Not Waving, But Drowning”, ma per una buona ragione. Attraverso 10 brani e accompagnato da nomi che includono Wesley Joseph, Athian Akec, Jnr Williams e Olivia Dean, Loyle rimuove alcuni degli strati di dolore che si intrecciavano tra le proprie precedenti uscite per toccare direttamente una rabbia non realizzata che arriva di pari passo con la mescolanza. Il pozzo della sua emozione è ancora molto pieno, ma questa volta sta raccogliendo secchi di frustrazione.

“Hate” dà il via alle danze con una batteria ad alto ritmo e una linea di basso trascinante che crea un precedente di rabbia, un’appropriata rappresentazione del mondo in cui si addentra in questo progetto. In “Nobody Knows (Ladas Road)” esercita le proprie capacità liriche in vero stile Loyle Carner, sovrapponendole a campioni emozionali avvincenti di musica gospel. Questo campionamento emotivamente ricco continua in “Georgetown” mentre rompe l’idea di essere considerato solo la metà di qualcosa a causa della sua eredità mista.

A metà del disco passa a un tono più morbido, “Speed ​​Of Plight” inserisce più della propria cadenza classica che abbiamo visto in precedenza, aggiungendo un’intricata malinconia al sentimento crudo esposto finora. “Homerton” proietta l’energia di un’intima sessione jazz, illustrando perfettamente perché la combinazione di Loyle Carner e le tastiere sarà sempre un miracolo e uno dei suoi suoni più forti. Questo spostamento collega le tracce antagoniste all’inizio del progetto ad un suono più riflessivo e pensieroso che emerge nella seconda metà.

È quasi rappresentativo della rapidità della rabbia e del modo in cui alla fine è sempre radicata nella tristezza e nel malcontento, un concetto che è perfettamente allineato con le esperienze che la politica razziale del Regno Unito in questo momento porta avanti. “Blood On My Nikes” mostra uno degli esempi più chiari della politica che infonde la sua psiche con la rivisitazione di una dolorosa esperienza di crimine con coltello. Loyle termina il lavoro su solide basi, “A Lasting Place” è un brano eccezionale, con riflessioni sulla paternità che continua in “Pollyfilla”, trasmettendo come a volte non puoi fare a meno di scivolare nel rievocare il tuo stesso trauma su chi ti circonda mentre “HGU” conclude il progetto con i testi più grezzi e liberi dell’LP.

La vulnerabilità che Loyle Carner presenta è sempre stata incredibilmente complessa, in “Hugo” lo è ancora di più. La verità è che in materia di ingiustizia, la rabbia è uno dei nostri strumenti più potenti e con essa “Hugo” mette in mostra una parte essenziale della profondità e della criticità che Loyle Carner possiede come artista!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *