A quattro anni dal precedente “Escape From Evil”, tornano i dream poppers americani Lower Dens di Jana Hunter. Il quarto disco da studio della band di Baltimora si intitola “The Competition” e viene pubblicato su Ribbon Music / Domino.
Il lavoro è stato concepito come un album pop che parla del sentimento e del fenomeno psicologico che genera, come una specie di psicosi, la competizione e accelera le nostre insicurezze e ansie, fino a farci arrivare al punto di non ritorno, corrodendo i nostri rapporti più intimi e le nostre amicizie. Jana Hunter ha dichiarato: «Le questioni che hanno dato forma alla mia vita, sia in bene che in male, hanno a che fare con una famiglia e una cultura che mi hanno portato a uno stato mentale totalmente competitivo. Quando ero bambina ero molto selvaggia e ciò mi causava molto dolore; la vita in casa era tetra e le canzoni pop erano un modo di scappare verso uno spazio mentale dove bellezza, stupore e amore erano possibili. Volevo scrivere delle canzoni che contenessero quel potenziale».
Per comporre il nuovo disco, il gruppo si è ispirato a diverse fonti, tra cui serpentwithfeet, Hand Habits, Travis Scott, Faten Kanaan ed Elon Battle, aka :3LON che compare nel brano “I Drive” e in altri tre pezzi.
Oltre che alle tradizionali sonorità di basso chitarra e batteria, sono presenti anche fisarmoniche, corni, trombe, fagotti e flauti.
I nostri avevano sorpreso gli ascoltatori con il precedente “Escape from evil”, ora insistono di nuovo con le sonorità synth-pop. Gli inserti elettronici ben si adattano alle atmosfere dream pop che avevano reso nota la band. Si procede per direttive sonore maggiormente fluide rispetto al disco del 2015.
La voce della Hunter è il tratto distintivo capace di attirare su di sé l’attenzione e di emozionare anche in presenza di liriche affatto accattivanti. Manca forse il brano capace di trascinare, come poteva essere “To die in L.A.”.
A volte si nota la vicinanza con i più famosi Beach House (anche loro di Baltimora) forse più che per lo stile per il modo di porsi, come risulta in “I drive” che si palesa in formato funk.
Un album di protesta, ma capace di ammaliarci con la sua forte componente nostalgica!!!


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