Che bello sentire il nome dei Long Ryders, mi riporta indietro di trentacinque anni in quel favoloso periodo denominato “Paisley Underground”, in cui un manipolo di giovani riportò a galla il suono del sixties garage, la psichedelia e certe forme di rock delle radici con un atteggiamento punk.
Con la classica line-up composta da Sid Griffin, Stephen McCarthy, Tom Stevens e Greg Sowders, questo è il ritorno in pompa magna dei Long Ryders, caratterizzato da undici nuovi brani inediti.
Dopo le favolose ristampe estese di “State of Our Union” e “Two-Fisted Tales” il ritorno in scena di questi pionieri della scena underground losangelina è un tributo ai loro eroi: Byrds, Buffalo Springfield e The Flying Burrito Brothers, ma con un tocco più duro. Per certi versi antesignani dell’alternative-country, ma da sempre contaminati dal gene del punk californiano, i nostri sono stati tra le formazioni più originali degli anni ’80.
Le possibilità di far uscire un disco nuovo sono dovute al fatto che un loro amico, Larry Chatman oggi assistente personale di Dr. Dre, ha offerto loro la possibilità di registrare negli studi del rapper a Los Angeles. Oltre ai nostri sono della partita il vecchio produttore Ed Stasium e le amiche di un tempo, The Bangles, ai cori. Nulla sembra essere cambiato nella loro formula sonora, ma sono ancora in grado di scrivere eccellenti brani. Ci sono nuovi inni quali “Greenville”, “Molly somebody” e “The sound”, pezzi dalla vena melodica di matrice neotradizionalista come “Leti t fly” e “Make it real”, una cover di Tom Petty (“Walls”).
Poi l’omonima traccia che rappresenta il momento più vibrante dell’intera raccolta. Si tratta di una ballata da pelle d’oca che mette in mostra armonica, percussioni che sostengono un suono maledettamente psichedelico.
Non mi aspettavo niente di buono, esco dall’ascolto con la consapevolezza che i nostri sanno ancora firmare grandi canzoni!!!
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