LE VENT DU NORD – ’20 Primtemps’ cover albumOriginario del Québec, l’unico stato di lingua francese in Canada, e circondato da anglofoni, negli ultimi vent’anni, il gruppo ha perseguito incessantemente la strada della difesa della cultura e della musica vibrante ed eclettica del Québécois, diventando di fatto ambasciatori culturali per il Canada francofono, in tournée nel mondo e con oltre 2000 concerti.

La formazione attinge ad un vasto canone sia di fonti tradizionali che di composizioni originali che sono saldamente radicate nella diaspora celtica, con l’obiettivo, come ho sottolineato prima, di scavare in profondità e reinterpretare questa musica tradizionale e, nel processo, reimmaginare l’identità del Québec e il suo posto nel mondo, incorporando allo stesso tempo anche una serie di influenze globali.

Caratterizzato da fisarmonica a bottoni, chitarra e violino, il suono della band continua ad essere definito dalla ghironda e dal dinamico podorythmie, una tecnica percussiva tradizionale francocanadese/Acadian e Métis di battere i piedi durante le esibizioni musicali, spesso indicata come solo les pieds o piedi, che accompagna gli strumenti melodici e fornisce il ritmo delle melodie.

Le 12 tracce di “20 Printemps” sono un raffinato mélange di canzoni e melodie tradizionali, provenienti in vari modi da collezionisti di composizioni e archivi nazionali, insieme alle proprie, con la band, Simon Beaudry (voce, bouzouki e chitarra), Nicolas Boulerice (voce, vielle à rou (ghironda) campanelle), André Brunet (violino, foot-tapping e voce), Réjean Brunet (basso, fisarmonica a bottoni, pianoforte, bombarda e voce) e Olivier Demers (violino, pieds, mandolino, chitarra, basso e rullante e voce), che consolida l’ampia profondità del suono, in questo loro secondo disco in formazione a cinque, ascoltata per la prima volta nel precedente “Territoires”.

In un ordine di esecuzione attentamente sequenziato, che contribuisce a mettere in evidenza il diverso flusso e riflusso di tempo, ritmo e dinamica, il lavoro è terminato da due dei quattro contributi strumentali. Potrebbe essere stato un viaggio di 80 giorni per Phileas Fogg e Passepartout nel famoso libro di Jules Verne, ma con “Tour du Monde”, una suite di tre brani che comprende il tradizionale “Totò”, “Reel scandinave” and “Reel ABC”, una composizione di André e Olivier, che ostenta un’esuberanza spavalda e senza fiato, il gruppo gestisce l’impresa in poco più di 300 secondi, offrendo una traccia di apertura che incarna davvero il loro suono. Al contrario, la raccolta si chiude con un pezzo premuroso e aggraziato, per gentile concessione di Olivier. “Petit rêve IV”, l’ultimo dei suoi ‘piccoli sogni’, i numeri II, III, V e IX già, in modo alquanto anacronistico, apparso in precedenti uscite, illustra ancora una volta la sua propensione a creare musica che abbia la capacità sia di calmare che di rilassare.

Gli altri due brani strumentali presenti sono “La Centaur” e “Turlute du Mai”. Il primo, che presumo si riferisca alla creatura mitica piuttosto che al piccolo corpo del Sistema Solare, è un frenetico set guidato da violino e piedi che si sviluppa sia nel tempo che nella strumentazione aggiuntiva per fornire un climax vorticoso simile a un derviscio nella celebrazione della primavera e la bellezza naturale del Québec, mentre il secondo è un ottimo esempio di turlutte, una forma di canzone tradizionale del Québec resa popolare dalla prima ‘chansonnière’ canadese, Madame o La Bolduc (nata Marie o Mary-Rose-Anne Travers ), che consiste interamente di variazioni vocalizzate e senza parole su tamtidelam, tam tidelidelam, qui consegnato con armonie sbalorditive, su pied percussive, in una melodia che celebra l’antica tradizione di segnare la fine dell’inverno piantando una specie di albero di Natale decorato, ma in primavera.

Tutti i testi cantati in francese, come si addice all’etica del gruppo. Delle quattro canzoni tradizionali qui arrangiate, la prima, “Ma Louise”, è stata pubblicata come primo singolo. Una ballata d’amore, appresa dal musicista cap-bretone Robert Devaux, con un’atmosfera quasi country sulle note di Simon e André. Sia “Vos amitiés la belle”, con i violini in primo piano, sia “Marianne”, con la sua ghironda introduttiva simile a un drone, offrono ampie opportunità per far brillare l’abilità vocale e le armonie. Tuttavia, forse la traccia più intrigante dell’album è la loro versione di “Le navire de Bayonne (The Ship from Bayonne)”. Canzone tradizionale dei marinai francesi, racconta la storia di una nave che si ritrova in mezzo a una terribile tempesta. Con l’equipaggio sopraffatto dalla paura, metà si riduce alle lacrime, mentre gli altri cantano canti di lode a Dio, chiedendo pietà per le loro anime mentre si avvicina la loro morte. Il capitano della nave si fa avanti, dicendo loro di farsi coraggio e assicurando che saranno tutti al sicuro. La tempesta passa e l’equipaggio cade in ginocchio in segno di ringraziamento e promette di celebrare una grande Messa in onore di questo evento e di raddoppiare la loro devozione a Dio. Una magnifica canzone, l’interpretazione del gruppo swinga dal puro folk-rock celtico.

Questa uscita per il ventesimo anniversario avrebbe potuto vedere il gruppo crogiolarsi nella nostalgia e nelle glorie passate. In realtà, questo disco dovrebbe piuttosto essere visto come una celebrazione dei loro primi due decenni, con altri in arrivo. Sì, possono essere visti come feroci guardiani e protettori della tradizione, ma, soprattutto, continuano ad evolversi ed espandere i confini con il loro modo di scrivere e la loro musica. “20 Printemps” conferma che Le Vent du Nord sono uno dei migliori sostenitori di questo genere musicale di questa o di qualsiasi generazione!!!


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