HEY COLOSSUS: “Dances/Curses” cover albumÈ sufficiente un singolo brano a convincervi della bontà di un disco? In questo caso la “Mirror” intonata da Mark Lanegan vale da sola il prezzo del biglietto. Quasi 20 anni di attività ed una serie di mastodontiche pubblicazioni per marchi come Rocket Recordings e Riot Season ed ora un doppio cd che è la summa del loro pensiero. Gli Hey Colossus sono seriamente una delle migliori espressioni dell’underground britannico, un corollario di suoni: strappi che rimandano tanto al post-rock quanto al post-core, con tutta la kraut psichedelia e lo stoner del caso di contorno. Una doppia maratona da brividi e, credeteci anche quando vi diciamo che un brano come “Revelation Day” suona come una versione hard rock degli XTC (o forse dei Dukes of Stratosphere?).

Durante la loro evoluzione, gli Hey Colossus sono stati associati a generi come sludge metal, rock alternativo, noise rock, rock psichedelico, krautrock e persino drone. Dopo aver ascoltato l’ultimo album, devo concordare sul drone e sul krautrock, con ampi schizzi di rock alternativo e psichedelico. C’è qualcosa di stranamente familiare con loro per me, non comprendo di come siano stati così poco considerati nei miei ascolti per così tanto tempo, ma sono contento di essere finalmente entrato nella loro musica. Per me, questo è un album maturo, da adulti. Non sta cercando di essere qualcosa di diverso da quello che è, non mi sento come se fosse qualcosa di diverso da sé stesso, e questo è davvero illuminante. Non scende a compromessi, quindi per lo stesso motivo non è nemmeno conforme.

In un’epoca in cui i parametri stanno diventando sempre più ampi, essere fuori dalla griglia e fare le tue cose ti rende davvero unico. Il bisogno di conformarsi è sparito, e sento che è ciò che guida i nostri. Non c’è nessuna parte nell’ensemble che sia sottovalutata, tutti e sei i musicisti sfruttano al massimo il loro tempo, ed è la somma di quegli elementi che fornisce un display musicale così ricco. La cosa principale di questo disco è la sua spavalderia. Dire che è paragonabile a Queens Of The Stone Age credo sia un’affermazione giusta, poiché si agganciano su diversi livelli, suona come il loro classico dell’era “Songs For The Deaf”. In particolare nelle prime tracce, “The Eyeball Dance”, “Donkey Jaw” e “Medal”, che ricordano tutti l’era musicale del gruppo di Josh Homme. Detto questo, è molto più psichedelico di QOTSA, e sembra anche molto più lisergico e retrò. Un’altra delle cose più importanti è la chiarezza della voce, risolve decisamente l’intera faccenda, poiché essere in grado di comprendere ciò che viene detto è per lo più sempre un bonus.

Mentre la maggior parte delle tracce di questa opera di settantacinque minuti sono al di sotto dei cinque minuti, c’è una traccia, “A Trembling Rose” che pesa più di sedici minuti e poi ottiene anche la sua “Reprise” subito dopo. Quindi, in totale funziona a poco meno di venti minuti solo per quei due brani. E su questi due pezzi sei guidato in un viaggio così sonoro, che è difficile credere che ci sia ancora molto altro da fare dopo che è finito. È una sorta di manifesto che mette assieme la muscolarità stoner noise, le perversioni psichedeliche e la marzialità post punk.

Un’altra cosa che noto è che gli Hey Colossus hanno sicuramente trovato il loro suono e lo abbracciano completamente. Lo usano al meglio delle loro capacità, e questo è ciò che li rende davvero unici. Così come il gusto retrò che emana: considerando che questo è un lavoro nuovo di zecca, è difficile inserirlo su una linea temporale. A volte è proprio attuale, ventunesimo secolo, mentre in alcuni momenti saresti perdonato se pensassi che abbia dieci o quindici anni. Poi ci sono situazioni che sembrano più vecchie di decenni, persino negli anni Sessanta. Il mix di stili porta davvero a queste considerazioni, e rende “Dances/ Curses” completamente senza tempo per sua stessa natura. Ciò è particolarmente rilevante per la traccia quattro, “Dreamer Is A Lying State”. C’è qualcosa di veramente anni Sessanta in questa composizione, ma con un livello aggiuntivo, che sembra una traccia degli Animals, ma aggiornata. Credo che ciò sia in parte dovuto ai bassi più scuri, e anche agli strati extra dei paesaggi sonori, che gli conferiscono profondità e una vivacità moderna. Tracce come “Stylites In Reverse” e “U Cowboy” mostrano davvero il lato più ‘trippy’ della band, e questi momenti aiutano a rompere quello che potrebbe essere un suono molto simile, mantenendo le cose fresche.

Un disco che mi ha permesso di rilassarmi, di chiudere gli occhi ed immergermi nel sound con la musica che mi ha letteralmente rapito, un privilegio di questi tempi!!!


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