Liz Harris, in arte Grouper, è una trentasettenne di origini californiane che si è trasferita a Portland in tempi recenti.
All’inizio la nostra proponeva un suono sperimentale a base di ronzii e loop elettronici che erano la caratteristica con cui si presentò sul mercato a metà degli anni’00.
Con il precedente lavoro, “Ruins, del 2014 Liz si avvicinò al formato canzone. Processo che continua anche con il nuovo “Grid of points”, opera composta in una decina di giorni in Wyoming e registrato in perfetta solitudine.
La strumentazione è scarna e si adagia su un tappeto pieno di riverberi che rendono le sette tracce molto spettrali.
È un disco fatto di nostalgiche torch songs avvolte nella nebbia della musica ambient. Una voce distante ed una ballata trasfigurata, quello che si evince dal brano guida Parking Lot, un’intuizione che ricorre nel corso di tutto l’album, volutamente spoglio e capace di reggersi su due soli elementi portanti.
La novità rispetto al passato è la presenza gospel che ammanta i brani, per il resto non siamo lontani dal disco precedente. C’è fascino fra le pieghe del suono, forse manca un po’ di profondità che il minimalismo degli arrangiamenti necessiterebbe.


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