Seconda fatica per il power trio che, dopo l’esordio del 2015, si è trasferito in quel di Los Angeles, luogo perfetto per le sonorità di “Love jail” che ripercorrono i sentieri di un hard blues psichedelico e desertico.
È chiaro fin dalle prime note il loro amore per il rock degli anni settanta intriso di blues, di space psichedelia piena di saturi assoli di chitarra. Il richiamo è a band quali ZZ Top e Lynyrd Skynyrd con un tocco heavy più orientato agli eighties.
Rispetto all’esordio è più presente la voce, ma sono i riff, fulminanti e desertici, che si prendono la scena.
Possiamo inserirli in quel novero di band che se ne strafottono di suonare alla moda, ma puntano decise al suono chitarristico, che volutamente ricreano situazioni e sensazioni che ci proiettano all’inizio degli anni settanta forse anche per il suono analogico riproposto ad arte.
Assistiamo a jam dinamitarde che risveglierebbero anche i defunti, derivative, ma ottimamente suonate.

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