Sin dalla nascita nel 1981, il duo australiano Dead Can Dance è sempre stato affascinato dalle tradizioni folk europee, non solo dal punto di vista musicale, ma anche da quello secolare, religioso e spirituale.
Prendendo ispirazione da ciò, Brendan Perry esplora le feste del raccolto e della primavera tipiche della tradizione religiosa legata a Dioniso, un viaggio che porta alla luce le cerimonie e i riti che vengono praticati ancora oggi.
Durante questi due anni di lavorazione, Perry ha accumulato una gamma di strumentazioni folk, ispirandosi alle tradizioni di tutto il mondo. I brani del nuovo album si sviluppano meno come canzoni e più come frammenti di un insieme compatto. “Dionysus” segue un sentiero familiare, utilizzando la tecnica del field recording (registrazione sonora prodotta al di fuori di uno studio di registrazione) e registrando così cantilene, alveari neozelandesi, il cinguettio degli uccelli latinoamericani e i caprai svizzeri. L’obiettivo nella mente di Perry non è solo quello di evocare le atmosfere e i riferimenti simbolici, ma è anche quello di dimostrare che la musica può essere trovata ovunque, in una forma o nell’altra.
L’album comprende due atti attraverso sette movimenti che rappresentano le diverse sfaccettature del mito di Dioniso e del suo culto, e assume la forma musicale di un oratorio nello stile cinquecentesco. Le voci utilizzate in questi movimenti rappresentano alcune comunità in festa che cantano e il loro scopo è quello di trasmettere emozioni oltre ai confini del linguaggio stesso. Nonostante l’album prenda ispirazione principalmente dalla storia di Dioniso, la copertina richiama le maschere fatte dagli Huichol, una popolazione della Sierra Madre in Messico, famosa per le perline e per i quadri di filato, ma anche per i riti sacri con il peyote, utilizzato per guarire ed per espandere la mente. Questo è il cuore di “Dionysus”, una celebrazione dell’umanità che lavora fianco a fianco con la natura con rispetto e riconoscenza.


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