Cercherò di essere Il più obiettivo possibile parlando del nuovo disco dei Current 93, gruppo che non ho mai amato, più che per soluzioni musicali proposte, per quei tentativi di autofinanziamento operato sulle tasche dei fans. Sono trascorsi quattro anni dal precedente “I am the last of all the field that fell” e le premesse non erano delle più incoraggianti.
Si temeva che anche questa nuova fatica andasse ad aumentare il numero di titoli che negli ultimi 3 lustri avevano destato più perplessità che motivi di godimento.
Ci si sbagliava, questa volta si assiste ad un’opera che procede senza cedimenti e mette in mostra una gran coesione nonostante i numerosi contributi esterni che danno sostanza e non sono semplici specchietti per le allodole.
Tre anni di lavorazione per toccare nuovamente con mano i vertici assoluti di un’opera sfaccettata e temeraria. Le memorie folk apocalittiche convivono con il più tradizionale revival seventies britannico, turbolente onde psichedeliche abbracciano suoni trattati, rivoli di classicismo e poesia magica. Ci sono tutti gli ingredienti per gridare al miracolo, un perfezionismo di base condito dalle singole performance di strumentisti eccezionali che accompagnano Tibet nell’ennesimo viaggio nel subconscio. Tutto ciò è stato possibile grazie agli interventi di Alasdair Roberts, Aloma Ruiz Boada, Andrew Liles, Ben Chasny (Six Organs Of Admittance), Michael J. York (Coil, Téléplasmiste, Urthona), Ossian Brown (Coil and Cyclobe), Reinier van Houdt (pianista neo-classico olandese), Rita Knuistingh Neven e Thomas Ligotti (celebre autore di storie horror sulla falsa riga di H.P. Lovecraft).
Si nota un ritorno possente all’uso della parola ed un riavvicinamento a quelle sonorità folk medioevali del periodo d’oro del gruppo, quello con Michael Cashmore (da “Thunder Perfect Mind” a “All The Pretty Little Horses”): flauti, archi, violini gitani ed elementari armonie vocali accompagnano il recitar-cantato di Tibet.
Un disco profondamente interiore, senza alcuna concessione all’esterno, ma caratterizzate della miglior cifra stilistica di cui David Tibet è capace.


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *