Forse il primo dei suoni che si percepiscono ascoltando il nuovo straordinario album realizzato da Antonio Sanchez con la sua Migration Band è una voce che dichiara: “Tutto questo è sbagliato” e poi un’altra, estremamente pacata, che dice “Vergogna”.
Il jazz ha sempre racchiuso in sé un elemento di protesta e Lines In The Sand rappresenta un eccellente esempio di musica che sottolinea con forza questo aspetto senza rinunciare neanche ad un briciolo di musicalità.
Come Jack DeJohnette, Sanchez è qualcosa di più di un batterista: un musicista completo che in quest’album si esibisce sia alle tastiere che come cantante ed anche alla batteria. Però è uno di quei rari percussionisti che riescono a far sembrare la ben nota batteria, un attimo prima, uno strumento singolo, un attimo dopo, una vera e propria orchestra. Questo dunque è un messaggio urgente lanciato da un paese dolente, un paese il cui ricco patrimonio dell’immigrazione – dall’Europa, dall’Africa, dall’area meridionale del continente americano – è stato improvvisamente messo in discussione.
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