CHUCK JOHNSON: “The Cinder Grove” cover albumIl fatto di avere a che fare con una miriade di dischi settimanalmente, a volte, porta a dimenticarti di personaggi che in passato avevano fatto parte di altri gruppi che avevi ascoltato ed apprezzato. Nel caso in questione si parla di Chuck Johnson che alla fine degli anni novanta aveva militato in un duo che si chiamava Spatula e che aveva come estimatori e protettori i Polvo. Suonavano in modo personale un qualcosa che stava tra il post-rock dei Tortoise, la psichedelia dei sixties (quella dei Quicksilver) e quella contemporanea, di cui i Polvo stessi erano propugnatori. Si persero poi le tracce, ma il nostro non era scomparso, si ara addentrato all’interno di una scena tanto oscura quanto meravigliosa. Se vi capita andate ad ascoltare il disco dei Saariselka del 2019, un piccolo gioiello di folk-rock onirico. Chuck si era immerso totalmente nell’uso della pedal steel per proporre un tipo di musica che non si distaccava dalla precedente pur procedendo in situazioni più indietro nel tempo in cui gli Appalachi non erano estranei alla sua ispirazione.

La pedal steel è uno strumento interessante per creare musica ambient, e il suo uso ha sicuramente guadagnato importanza nel genere negli ultimi tempi, poiché alcuni abili strumentisti lasciano immergere le dita dei piedi nelle acque ambientali. La nuova meditazione di Chuck Johnson sulla natura della perdita temperata dalla definitiva resistenza dello spirito umano è una bella vetrina delle gioie dello strumento. Seguito dell’acclamato “Balsams” del 2019, “The Cinder Grove” approfondisce ulteriormente le possibilità compositive dello strumento. Questa collezione di brani calmi e rilassati attinge a una più ampia gamma di suoni, aggiungendo archi e pianoforte, per immergersi più a fondo nel bagno sonoro della musica meditativa di Johnson.

È una dichiarazione profonda e influenzante sulla natura della perdita e dell’insostituibilità, nonché una grande aggiunta al canone del lavoro del nostro. È una suite di requiems per i luoghi perduti. Molti degli spazi che un tempo favorivano una vita a prezzi accessibili e il lavoro creativo ora esistono solo nella memoria sonora, come gli echi dei fantasmi. Come gran parte del paesaggio californiano negli ultimi anni, alcuni di questi spazi hanno ceduto al fuoco. Altri, alle forze altrettanto inesorabili della gentrificazione. Mentre il suo LP precedente aveva lo scopo di fornire all’ascoltatore uno spazio per la tregua e la calma, anche la guarigione, questa nuova uscita cerca di ricordare ciò che è stato perso mentre celebra la resilienza dello spirito umano e del mondo naturale.

Nel realizzare questo disco Chuck ha scavato attraverso registrazioni d’archivio da spazi di performance fai-da-te di Oakland per estrarre digitalmente le loro qualità di riverbero ed eco. Ha quindi applicato questi effetti, così come il riverbero modellato digitalmente di una foresta di sequoie, per le tracce di “The Cinder Grove”, permettendo ai pezzi di crogiolarsi nei lussureggianti spazi virtuali, e nel processo si resero conto che queste costruzioni sonore possono essere solo approssimazioni. Cerchiamo di rendere gli spazi ciò che vogliamo che siano, sia nella memoria che nel materiale presente.

È stato affiancato da altri musicisti quali Sarah Davachi al piano, Marielle V. Jakobson agli archi e altri per un risultato finale affascinante e che consiglio caldamente!!!


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