Il secondo album dei californiani Chrch, quintetto che, dopo l’ottimo Unanswered Hymns del 2015, approda su Neurot Recordings proponendoci tre brani immersi in un suono doom e sludge condotto su grandi dialoghi chitarristici ed atmosfere tesissime.
Il brano introduttivo, “Infinite”, si estende per abbondanti venti minuti e procede lento ed ipnotico facendo emergere dopo lunghi passaggi strumentali l’inquietante urlo di Eva Rose. I contrasti del brano sono percepibili nei passaggi tra i riff massicci e devastanti a cui si sostituiscono scenari più rarefatti e oserei anche spettrali.
Il secondo pezzo sembra una mistura fra stoner e shoegaze quindi un inno fuzz in cui si alternano tensione e dolenza.
La conclusione è affidata a “Aether” in cui la rabbia indomabile e la malinconia oscura si fondono per entrare in un limbo quasi da black metal atmosferico.
Un album che abbraccia l’estetica della Neurot, etichetta per cui è uscito, cioè un lavoro di violenza sonica che non lascia indifferenti.


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