Will Oldham, alias Bonnie `Prince` Billy pubblica un nuovo album intitolato “I Made A Place” via Drag City il 15 novembre. È il primo album di Bonnie, tutto composto di pezzi originali in otto anni. Non sono assolutamente mancate uscite in questo lasso di tempo, album in cui riproponeva materiale autografo con arrangiamenti diversi, dischi tributi (un paio) che sembravano significare una perdita d’ispirazione, cosa assolutamente inaccettabile per uno dei migliori songwriters degli ultimi venticinque anni. In realtà la situazione era leggermente diversa come spiega lo stesso Will in relazione al suo nuovo lavoro: “Negli ultimi anni, l’intero mondo della musica registrata, nel modo in cui tale musica è concepita, percepita, registrata, pubblicata e distribuita, è stato atomizzato. Ho provato a trattenere il respiro, aspettando che la tempesta passasse, ma questa tempesta è qui per restare e la sua devastazione è il nostro nuovo paesaggio. Cos’altro deve fare una persona se non quello che sa e sente, che per me è fare dischi costruiti con canzoni destinate all’ascolto intimo di meravigliosi sconosciuti che condividono qualcosa spiritualmente e musicalmente? Ho iniziato a lavorare su queste canzoni pensando che non c’era modo di finirle, registrarle e pubblicarle. Questa è stata una cornice mentale costruttiva che ha protetto le canzoni fino a questo momento spaventoso in cui le abbiamo lasciate andare e ve le diamo”. Mi trovo perfettamente d’accordo con il suo pensiero, la musica, oggi, è diventata la colonna sonora per il passeggio, per i trasferimenti casa-lavoro e viceversa, nessuno più che si prenda la briga di dare un attento ascolto alle opere degli artisti.
Finalmente il nostro è tornato con un album di livello, che ce lo ripropone ai vertici del cantautorato moderno. Oldham è affiancato dal chitarrista Nathan Salsburg, il batterista Mike Hyman e la cantautrice Joan Shelley. Will ha detto che “I Made A Place” è stato ispirato dallo stato delle Hawaii e il suo songwriting è stato influenzato da John Prince e Tom T. Hall. In questi anni il nostro autore ha avuto modo di sposarsi, di crearsi una famiglia, ha messo su casa, anzi due, una per abitarci e l’altra per suonarci e, musicalmente, è diventato interprete con la sua voce, che ricordiamo tremante e sussurrata agli esordi, ora matura, più forte, ma dotata di quell’intimismo che rimane caratteristica irrinunciabile.
Siamo al cospetto di una raccolta in cui sembra di percepire un lavoro comunitario per la stesura delle canzoni. L’apertura è affidata a “New memory box” country che accenna allo yodel in modo giocoso, ma che poi mette in risalto tutta una serie di strumenti, dagli archi ai fiati, che non risultavano precedentemente. Anche i testi fanno riferimento non più alla solitudine, ma alla ricerca dell’innocenza perduta, sembra quasi un richiamo socio-politico per ritrovare serenità e tranquillità, oggi perduta.
L’ascolto è semplice, orecchiabile, ma dotato della propria intensità, con i dettagli che vanno scoperti ascolto dopo ascolto. Se considerate “Dream awhile”, ballata folk di una dolcezza disarmante, sembra che sia il flauto lo strumento di riferimento, oppure i cori femminili invece fate caso al rullante della batteria, che rende inquieti i sogni di cui il brano parla. “I have made a place” cambia gli scenari, è introspettiva mentre gli strumenti si muovono in secondo piano.
È un’opera che vive di luci ed ombre e con un umore a volte mesto ed ombroso e altre festoso e diretto. Abbiamo aspettato tanti anni per un disco di pezzi autografi, l’attesa è stata pienamente ripagata!!!


20

Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *