Parliamoci chiaramente, io i brasiliani non li ho mai sopportati, né in ambito sportivo né in quello musicale.
Sarà per il loro modo cantilenante di parlare (e quindi di cantare), sarà per la loro religiosità insopportabile, ma ho sempre fatto molta fatica ad ascoltare qualcosa di musica brasiliana. Solo recentemente ho scoperto un filone che riesce ad intrigarmi cioè quello che riesce a porre in evidenza le radici africane.
In un momento in cui il vento reazionario è tornato prepotentemente a colpire il grande paese sudamericano, ci sono gruppi, come i Bixiga 70, che sono in aperta contrapposizione con le istanze politiche dominanti di questi tempi. Un suono meticcio che non ha paura di contaminarsi con il resto del mondo.
Per il loro quarto album si abbandonano a commistioni afro-brasiliane urbane, a melodie potenziate dal suono delle trombe squillanti e più in generale ad una sintonia con la pista da ballo. In buona sostanza una delle proposte musicali più esaltanti dal Sud America.
Sono stati gli schiavi africani a creare la cultura del Brasile in tutti i suoi dolori e le sue gioie, e quei ricordi sono passati attraverso numerose generazioni. L’Africa è ovunque in Brasile, e pulsa attraverso la musica di “Quebra Cabeça”, il secondo album in studio di Bixiga 70 per Glitterbeat, in cui due continenti ballano insieme attraverso l’Atlantico nero.


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