Conor O’Brien presenta il suo quarto lavoro a nome Villagers. Ci vedo un ritorno al passato, al disco d’esordio “Becoming a Jackal), c’è una precisa riduzione degli interventi elettronici che rimangono a livello di piccoli dettagli per un cocktail di folk anglo-irlandese con aperture psichedeliche e venature soul.
Notevole il lavoro sugli arrangiamenti che risultano molto sospesi, estremante calibrati, in un termine pop.
Conor è lo scrittore unico dei brani nonchè produttore, addetto al missaggio e quasi unico musicista in studio ( il proprio di Dublino). Si parla di paure e speranze in questa era in cui la tecnologia sta prendendo il sopravvento sull’essere umano. Il suono è caldo e la strumentazione acustica che da vita a splendide melodie.
La sua vena soul fuoriesce in “A trick of the light”, ma diverse sono le canzoni in cui il nostro da dimostrazione di essere un gran scrittore.
L’iniziale “Again” mette in mostra l’abilità al fingerpicking avvolto da archi e synth di stampo pinkfloidiano. La finale “Ada” è una sontuosa ballata di folk progressivo come solo Midlake e Fleet Foxes sanno proporre.
Tracce contemplative si susseguono senza soluzione di continuità, ma ci si può imbattere anche in un pezzo dalla ritmica hip hop (“Love came with all that it brings”) che sfocia in un’atmosfera malinconica per poi sciogliersi in un finale flatistico di impronta jazzata.
Villagers si conferma una certezza per gli amanti della canzone d’autore che è si classica, ma si muove continuamente e si guarda intorno!!!


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