VIAGRA BOYS: “Welfare Jazz” cover album“Welfare Jazz” è il secondo album dei Viagra Boys, band post-punk svedese composta da Sebastian Murphy (voce), Henrik “Benke” Höckert (basso), Benjamin “Benis” Vallé (chitarra), Tor Sjödén (batteria) Konie (synth) e Oskar Carls (sax). Anticipato dai singoli “Ain’t Nice”, “Creatures” e “Girls & Boys”, il disco esce a due anni di distanza da “Street Worms”.

‘Abbiamo scritto queste canzoni in un momento in cui avevo una relazione a lungo termine, assumendo droghe ogni giorno ed essendo uno stronzo’, spiega il frontman americano dei Viagra Boys Sebastian Murphy riguardo all’album della band, “Welfare Jazz”. ‘Non mi sono reso conto di quanto fossi uno stronzo fino a quando non è stato troppo tardi, e gran parte del disco ha a che fare con il venire a patti con il fatto che mi ero prefissato obiettivi sbagliati’. Che questo filo conduca in tutto l’album di 13 tracce non è una sorpresa.

Dalla loro fondazione nel 2015, la band svedese ha sviluppato il proprio marchio unico di post-punk, seppellendo il sentimentalismo sotto strati di finto machismo, protesta neo-dadaista e un approccio intrinsecamente meta alla satira musicale. Dal loro EP distorto “Consistency of Energy” (2016) e il pungente “Call of the Wild” (2017) al loro set registrato dal vivo di “Shrimptech Enterprises”, al loro album di debutto incredibilmente incazzato, “Street Worms”, la musica dei Viagra Boys è sempre stata di genere- sconvolgente e bruciante irrisorio.

“Welfare Jazz” continua su questa linea. In misura maggiore che mai, mette a nudo la crescente preoccupazione della band per le urgenti questioni contemporanee; tra loro razzismo, classismo, mascolinità tossica e misoginia. Mentre “Girls and Boys” ci porta in un tour surreale e intriso di sassofono di ruoli di genere obsoleti, “Creatures” utilizza sintetizzatori squadrati e commenti sociali ispirati da Mark E. Smith per evocare immagini di apocalisse subacquea. In questo album, con i loro ringhi distintivi e il feroce disprezzo, la formazione riesce a rendere assurdo il politico personale e il banale.

Si tratta di un lavoro di notevole godibilità, sia perché fa ballare (“Creatures”, “Girls & Boys”), ma anche perché non cade nel tranello dell’auto-indulgenza e della ripetitività, con passaggi post-punk (“Toad”, “Secret Canine Agent”), accostamenti al blues (“Into The Sun”, “I Fell Alive”), e un approdo finale al country-folk, sebbene sui generis (“To The Country”), sublimato in chiusura da “In Spite Of Ourselves”, cover/tributo a John Prine le cui parti vocali sono condivise con Amy Taylor degli Amyl And The Sniffers.

Nelle vene di questi svedesi confusionari e indisciplinati al limite del caotico scorre un mosaico di sonorità, una scala di tonalità che va dal punk alla dance passando per jazz e bluesrock spruzzati di synth-pop. Forse la grande forza del gruppo sta proprio dell’unicità del progetto, nell’alzare l’asticella delle ambizioni al punto da scomodare per la presentazione dell’opera Iggy Pop o il fotografo-regista Anton Corbijn. “Welfare Jazz” si prende i gradi per ambire al simbolico titolo di album rivelazione per quanto riguarda i generi di riferimento, se solo scoprissimo quali sono!!!


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