Chi è il più grande stakanovista in campo musicale degli ultimi dieci anni? Sicuramente rispondereste tutti Ty Segall. In realtà esiste un altro personaggio che non è da meno di Ty e che corrisponde al nome di Tim Presley. Infatti oltre al moniker principale di White Fence, fa parte del duo Drinks con Cate Le Bon, oltre alle produzioni che lo vedono impegnato con l’amico Segall e senza considerare tutti quei gruppi che lo videro protagonista prima di iniziare una propria carriera solista (Model American, Nerve Agents, Darker My Love e The Fall).
Ha quasi sempre vissuto a Los Angeles città tentatrice che lo ha sicuramente influenzato a livello compositivo, ma ora si è trasferito a San Francisco capace pure lei di dare vita ad influenze musicali.
Non si sente più il rumoroso pop psichedelico tipico dei White Fence, ma una vena più introspettiva e malata che da origine a brani sbilenchi ed irrequieti.
Tutti i pezzi sono stati scritti a Staveley, una cittadina rurale inglese, e composti per la maggior parte al piano. Le registrazioni sono state portate a termine a San Francisco ed il risultato è un indie-rock che è però eterogeneo, non c’è un brano simile all’altro.
La canzone omonima potrebbe essere stata scritta da eccentrici quali Syd Barrett oppure Skip Spence. Ha un andamento drogato ed è fatta di sole tastiere, quasi giocattolo.
Quando tocca a “Phone” il punto di riferimento è sempre Barrett , gli arrangiamenti sono appena più ricchi, infatti oltre alle tastiere c’è una batteria, una chitarra che profuma di psichedelia e field recordings per sporcare appena il tutto.
“Lorelei” richiama il Dunedin pop neozelandese (Tall Dwarf, Chills, Clean) e suona tutto sfasato e fuori registro.
“I love you” è quanto di meglio ci abbia mai fatto sentire Daniel Johnston, quindi massimo livello di stonatura ed altrettanto di sentimento.
In definitiva un disco di completezza sonora che definirei un misto tra arte psichedelica e low-fi ad alto livello. Non ci può essere un modo migliore per iniziare l’anno nuovo!!!


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