THIBAULT- “Or Not Thibault” cover albumTutto ebbe inizio a Melbourne a cavallo dei due secoli con i Minimum Chips e una chiara devozione per il suono degli Stereolab, ma con significative ed interessanti deviazioni. Poi calò il silenzio, tragiche difficoltà, economiche e personali, allontanarono la cantante Nicole Thibault dalla propria passione per la musica. L’ex band di Nicole, i Minimum Chips, era una pietra angolare del favoloso elenco degli anni ’90 di Chapter Music. Per un decennio o giù di lì, i nostri hanno suonato il pop motorik guidato da Moog che li ha resi la band di supporto per artisti in tour come Stereolab, Pavement, Bikini Kill e Le Tigre. La voce, il trombone, le tastiere e la scrittura di Nicole hanno contribuito a far crescere una mistica di culto attorno a Min Chips che persiste fino ad oggi.

Ora è rinata la voglia di rimettersi in gioco attraverso una nuova esperienza insieme a Rebecca Liston e Stella Rennes con il contributo di vecchie conoscenze quali Lachlan Denton (The Ocean Party), Julian Patterson (Minimum Chips) e Zak Olsen.

Il suo album di debutto dal titolo secco “Or Not Thibault” è pieno di invenzioni armoniche, arrangiamenti inaspettati e atmosfere così lussureggianti da farti rizzare i peli dietro il collo. Passa senza soluzione di continuità dall’umorismo al pathos genuino, dal mistero spazioso all’energia cinetica. L’atmosfera pop sognante dell’era spaziale dell’album è stata meravigliosamente catturata dal produttore James Cecil (The Goon Sax, Architecture In Helsinki). Il disco è un ritorno riccamente gratificante di un maestro della melodia e del fascino.

C’è un certo autobiografismo in “Centrelink”, infatti si narra di uno dei momenti di difficoltà trascorsi dalla cantante, quando si trovò in fila e piangente all’ufficio di assistenza sociale. Il pezzo ci mostra un armonia incantevole e magica. Il brano è il primo singolo estratto dall’album. Il lavora conta tredici canzoni in cui Nicole risulta essere il centro focale dell’intero progetto, ritagliandosi uno spazio importante attraverso la voce, le tastiere e il trombone.

L’introduzione è affidata a “See the world”, un arpeggio introduttivo accompagna la sua vocalità leggera come una piuma, un modo di cantare che non muta anche nelle tracce con una ritmica più sostenuta, per esempio le progressioni di chitarre e ritmiche motorik di “Drama” e “Wanting to be alone”. L’opera si regge sul dualismo tra atmosfere malinconiche ed improvvisi squarci di luce e gioia in cui risaltano melodie di grande effetto. La dimensione dell’album è prettamente pop, ma l’offerta della gamma stilistica è decisamente varia.

Pur ammettendo le proprie influenze di fondo (Morricone, Francoise Hardy, Beach Boys e Les Baxter) il lavoro suona personale per la grazia dei suoni scelti e l’emotività che riesce a trasmettere!!!


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