THE WHO – ‘The Who With Orchestra Live At Wembley’  cover albumNon è una piccola ironia che gli ensemble annunciati come Who dal 2004 circa abbiano replicato più accuratamente la densità stratificata dei migliori album in studio del gruppo rispetto al quartetto originale (anche con l’uso di nastri di supporto). Ma è un’ironia di proporzioni gigantesche che i due membri superstiti di fronte a questi gruppi, il vocalist Roger Daltrey e il chitarrista/cantautore Pete Townshend, siano anche i compagni di band con un passato di (a volte violento) disaccordo sull’ideazione e l’esecuzione dei progetti per il gruppo.

Tutto ciò che la storia rende ancora più gradita questa registrazione del concerto con un’orchestra di cinquanta elementi, registrata nel 2019 nella celebre sede britannica. Non commettere errori, questo non è il genere spesso sgangherato e infiammabile della formazione originale degli Who: intrecciare il nonetto con l’orchestra più grande precluderebbe per definizione tale spontaneità (e quell’atmosfera è più o meno scomparsa con la dipartita di Keith Moon nel 1978). Di conseguenza, queste performance, disponibili in una varietà di configurazioni, sono di una precisione millimetrica, prontamente rivelata attraverso un mix ultra pulito supervisionato da Gareth Johnson e Richard Whittaker, poi masterizzato dall’ingegnere Miles Showell.

Iniziando con “Who Are You”, poi “Eminence Front”, Daltrey, Townshend e compagnia (estesa) non perdono tempo a scatenare quello che può essere accuratamente descritto solo come un assalto ai sensi. In un altro significativo scherzo del destino, l’attacco è in realtà guidato da Zak Starkey: con il suo modo di suonare cinetico, il figlio di Ringo Starr è il ground zero per il potere emanato dall’unità strumentale combinata. Anche nei brani più contenuti, come “Imagine A Man”, da “The Who by Numbers”, il batterista punteggia gli arrangiamenti con consumata autorità, fornendo così la direzione per il resto degli esecutori. E, non a caso, per quelle selezioni senza orchestrazione, come “Substitute” e “The Seeker”, Zak guida l’unità strumentale principale, inclusi Roger e Pete, che scelgono con cura i loro riflettori vocali e strumentali. Il primo è particolarmente giudizioso in quanto la sua voce non è certamente così forte come una volta. Eppure, come nella maestosa ripresa di “Pinball Wizard”, il suo canto sale e scende con le onde di archi e fiati, giusto in tempo con gli accordi fragorosi del suo partner veterano (che suona ancora come se fosse frustrato dal suo livello di competenza sullo strumento).

In più di un modo, queste interpretazioni soddisfano l’ambizione del duo di evitare di tirare fuori i successi. Nello specifico, “Hero Ground Zero” più “Ball and Chain” provengono entrambi dall’album “WHO” del 2019 e conservano l’aria di familiarità stilistica positiva che pervadeva quel set in studio. A ribadire questo punto è la rimanente schiera di materiale, un’autentica raccolta di ‘grandi successi’. Eppure “Live At Wembley” contiene alcuni colpi di scena sorprendenti, due dei brani più drammatici del gruppo, “Won’t Get Fooled Again” e “Behind Blue Eyes”, offerti in un formato acustico. Il primo è in qualche modo impantanato dall’introduzione condiscendente di Townshend, ma quando è in corso, questa offerta cruda illustra chiaramente la struttura ormai familiare della melodia. Nel frattempo, quest’ultimo presenta Katie Jacoby al violino e Audrey Snyder al violoncello, mescolati con la chitarra elettrica (del fratello di Pete, Simon?), accesa dalla sezione ritmica.

La consegna rinvigorente di quella coppia di numeri ha un forte impatto viscerale. Forse non sorprende quindi che un elemento udibile del gigantesco pubblico all’aperto di Wembley canti insieme in vari momenti; il livello di coinvolgimento dei partecipanti è inoltre notevole in quanto il loro contributo avviene senza sollecitazioni o incoraggiamenti da parte dei due presidi.

Il tour degli Who a sostegno di “Quadrophenia” è stato molto limitato nel periodo della sua uscita nel 1973, quindi questo concetto moderno è l’occasione ideale per riportare l’attenzione sul capolavoro. Sette estratti, tra cui “The Real Me” e “5:15”, appaiono in una sequenza verso la fine di questi venti tagli e il movimento cumulativo evoca una grandiosità tangibile, che culmina con la lettura strumentale di “The Rock”. All’inizio di “Love Reign O’er Me”, l’introduzione contemplativa al pianoforte di Loren Gold è indicativa del ritmo impeccabile di questa sequenza di pezzi. Allo stesso modo, con “Baba O’Riley” che crea drammaticamente (e contrasta) l’intima conclusione acustica di “Tea & Theatre”, questa troupe nota come ‘The Who’ rende giustizia sia al concetto che all’esecuzione al centro di questa presentazione!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *