Il precedente album dei The Ex risaliva al 2010, ma in questo lasso di tempo non erano rimasti fermi.
Avevano anche pubblicato un secondo album con la leggenda etiope Getatchew Mekuria, e un altro con Brass Unbound, con alcuni dei loro amici appartenenti al circuito dell’improvvisazione libera. Ora è la volta di un nuovo disco a loro nome e, come sempre, partono da zero durante il processo creativo, poche idee da portare in studio osservando quello che succede. Potrebbe sembrare un rischio, ma si tratta del loro modo di essere, della loro musica e della vita stessa.
Le chitarre sono fondamentali nel tracciare il percorso su cui si intrecciano incastri tra nord e sud del mondo, fra distorsioni e pizzicati il tutto legato dalla batteria che cerca, e riesce, ad evitare gli stilemi classici del rock e ad esprimersi in un linguaggio musicale universale.
Avvertibili i residui sonori africani, ma c’è un ritorno alla capacità di manipolare il suono e esprimere uno spirito battagliero e di denuncia nei testi, in poche parole di esprimere quella componente politica che li ha sempre caratterizzati.
Rimangono una formazione in perenne movimento e volenterosa di rinnovarsi, mai in un’unica direzione, ma in tutte quelle che ritengono di dover raggiungere.
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