Nonostante la mia attività mi permetta di vagliare centinaia di dischi alla settimana, esiste sempre la possibilità che qualche titolo possa sfuggire.
Ultimamente mi è capitato con i Teeth Of The Sea il cui album nuovo non è l’esordio, ma il quinto della formazione londinese. Sono rimasto colpito positivamente dal loro acid-rock metropolitano in cui però non mancano sprazzi di musica dub e dark-jazz, musica sci-fi e qualche clangore industriale.
È sempre stata loro caratteristica quella di miscelare elementi disparati nel loro suono e credo che con “Wraith” abbiano raggiunto il culmine dando alle stampe un’opera che si può definire una sorta di colonna sonora per un film immaginario, che crea un effetto visionario.
I fattori analogico e tecnologico agiscono in simbiosi riuscendo a dar luogo ad atmosfere melanconiche come nel caso più eclatante del lavoro in cui tromba e sax riescono a convivere con la ritmica meccanica. L’esempio calzante di quanto appena affermato risiede nel pezzo “Hiraeth” con la tromba pronta a distendersi su un’atmosfera morriconiana capace di creare visioni notturne.
La non uniformità della materia sonora si può ascoltare in “Fortean stand” una sorta di pezzo psych-folk che richiama mondi misteriosi nel suo andamento ovattato, così come nella cavalcata per synth e chitarre con insistita presenza di percussioni dal titolo “Visitor”.
Il punto di partenza di ogni singolo brano è una visione che viene elaborata strumentalmente. Gruppo coraggioso che deve essere premiato attraverso un ascolto attento.


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