TAMAR APHEK: “All Bets Are Off” cover albumTamar Aphek è uno dei volti più noti della scena rock israeliana, chitarrista e cantante peculiare e tecnicamente assai preparata. “All Bets Are Off” è una interessantissima indagine in forma di trio (Aphek a voce e chitarra elettrica, Uri Kutner al basso, Yuval Garin alla batteria) su un rock psichedelico piuttosto personale. La Nostra è una sorta di Eleanor Friedberger ai tempi dei Fiery Furnaces shakerata con la prima PJ Harvey ma anche con la Experience di Hendrix più allentata e chimicamente sgargiante, con un occhio sempre fisso su una certa modernità ritmica che ha a che fare col jazz ma anche con il breakbeat più selvaggio (“Crossbow”). Non ci avete capito niente? Siete sulla strada giusta per apprezzare questo disco.

“All Bets Are Off” è stato registrato al Daptone Records Studio, mixato da Daniel Schlett (War on Drugs, DIIV) e masterizzato da Greg Calbi. Per Tamar Aphek, la libertà di improvvisare era essenziale per creare gli incredibili alti e bassi espressi al suo debutto da solista. Per la Aphek, la regina regnante della scena rock israeliana, il ricordo di suonare la sua prima chitarra elettrica rimane inconfondibile: ‘Era la sensazione di tenere un’arma’. Sentirla giocare significa sentire quell’arma scatenata. Dalle sue precedenti band, Carusella e Shoshana, al suo attuale progetto omonimo, Tamar è salita alla ribalta nella sua casa di Israele, ha fatto un tour attraverso gli Stati Uniti e l’Europa.

Dal mitragliare percussivo di “Crossbow”, alla desolazione strisciante di “Russian Winter”, alle intuizioni intime di “All I Know”, l’album si diletta in colpi di scena. Commentando la gelosia e la sorveglianza, l’amore e la compassione, la rabbia e la fuga, e innumerevoli altre sfide non svelate, non c’è da meravigliarsi che la Tamar sperasse di catturare ‘la sensazione di un ottovolante’.

È un disco particolare questo, una sorta di concept album e perché creato per far in modo che una canzone di modalità classica possa sembrare maggiormente avventurosa. Si è ingegnata nel contrapporre la parte armonica con quella ritmica, in cui la parte percussiva assume spesso i connotati improvvisativi del jazz più ardito e le poliritmie africane. Tutto contrasta con ciò che si ascolta dal lato armonico, ballate notturne la cui luce è rappresentata da un minimo chiarore (“Show me Your Pretty Side”), esplorazioni sonore vicine alla psichedelia e al lirismo dei mai dimenticati Television (“Drive”, “Too Much Information”, “Beautiful Confusion” e “Nothing can Surprise Me”).

La chiusura è affidata ad una intrigante “As Time Goes By”, che suggella un lavoro intrigante!!!


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