SWAMP DOGG- “Sorry You Couldn’t Make It”La rinascita di Jerry Williams, una delle voci più originali e controcorrente di tutto il panorama black. Dopo il ritorno in scena con “Love, Loss, And Auto-Tune” del 2018, il musicista originario della Virginia – e tenutario di alcune roventi pagine del funk/soul anni ’70 – bissa con un lavoro che è autentica e certificata gioia di vivere. Con una band composta all’occorrenza da 14 elementi – tra cui val la pena citare Justin ‘Bon iver’ Vernon e l’ospite d’eccezione John Prine – il nostro rimette in scena il suo conturbante suono, mantenendo invariata ogni acuta connessione emotiva.
Nel 1970 l’anticonformista del southern soul Jerry Williams fece la mossa più radicale della sua carriera. Frustrato dalla politica economica in ambito musicale, Williams si reinventò come Swamp Dogg, un irriverente antieroe che infrange le convenzioni della musica commerciale R&B.
Per quelli che hanno ascoltato la sua musica nel corso degli anni, Swamp Dogg che pubblica un album country, “Sorry You Could’t Make It”, può sembrare un po’sorprendente. Mentre Jerry Williams lo racconta, la storia ha un incredibile senso logico: “Mio nonno comprò i dischi nei luoghi più disparati. Ogni venerdì, quando tornava a casa dal cantiere della Marina, si fermava e prendeva i suoi dischi, come “Mule Train” di Frankie Lane o “Riders in the Sky” di Vaughn Monroe”. Mentre lo stesso Dogg è responsabile di album di classica black music come “Surfing in Harlem” e “Total Destruction to Your Mind”, lui e Gary US Bonds hanno scritto il successo country di Johnny Paycheck “Don’t Take Her (She’s All I Got)” nel 1971.
Ryan Olson di Polica ha prodotto “Sorry You could’t Make It” con una band che comprende artisti come Justin Vernon, Jenny Lewis, Channy Leaneagh e Chris Beirdent e Sam Amidon. Il piano di Vernon viene messo in evidenza nel taglio di apertura, “Sleeping Without You Is A Dragg”, mentre Lewis e Leaneagh aggiungono i cori ai suoi testi dolorosamente tristi, “Posandola sul mio cuscino, piangendo tutta la notte, lo stereo suona un po’ triste, canzone triste. È un fatto naturale che non posso vivere così. Dormire senza è un dragg”.
“Don’t Take Her (She’s all I Got)” ti fa rabbrividire mentre Williams chiede al suo amico di non rubare la sua donna. “Family Pain” racconta una storia di dipendenza con un assolo di chitarra scoppiettante di energia capace di far tremare l’ascoltatore. Il primo dei due duetti con John Prine, “Memories”, completo di phasing, estende i confini musicali, creando un suono psichedelico che di solito non si sente a Nashville. La voce del tour de force di “I’d Rather Be Your Used To Be” è ricca di emozione come solo Dogg sa esternare dal suo materiale, in questo caso, una donna traditrice.
In chiusura un altro duetto con Prine, “Please Let Me Go Round Again”, è una canzone che Swamp Dogg ha voluto scrivere per dimostrare che non è impossibile riuscire a settant’anni, avere un’altra possibilità nella vita di fare le cose al meglio anche in età senile. È un modo perfetto per abbassare il sipario tra due vecchi amici. Non vedeva Prine dal 1968, ma solo ascoltando la canzone puoi dire quanto sia stato facile, per questi cantanti, superare gli anni.
Swamp Dogg è una forza della natura; la sua musica è spesso selvaggia e indisciplinata, con una voce che scoppia di emozione. Questo nuovo lavoro illustra quanto possa essere incredibile. C’è magia in queste tracce. È un album da non perdere!!!


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