SANANDA MAITREYA: “Pandora’s Playhouse” cover albumNel lontano 1987 il mondo ballava sulle note di “If you let me stay” e “Dance little sister”; gli innamorati non potevano fare a meno di baciarsi con “Sign your name” che suonava da un juke-box e le adolescenti avevano in cameretta il poster dell’autore e interprete di quelle canzoni, all’epoca ai vertici delle classifiche con l’album di debutto “Introducing the Hardline According to Terence Trent D’Arby”. Milioni di copie vendute. Un premio Grammy nella categoria ‘Best R&B Vocal Performance, Male’ (per quella voce che sembrava benedetta da Sam Cooke e Stevie Wonder). Copertine su riviste di musica, moda, spettacolo. Canzoni utilizzate da Hollywood (“Frankie and Johnny”, nella colonna sonora dell’omonima commedia romantica con Al Pacino e Michelle Pfeiffer). Paparazzi in agguato a Parigi, Londra, Los Angeles, pronti a sorprendere la giovane star in compagnia della top model del momento.

L’artista non amava però farsi inquadrare in uno stile unico, non voleva essere succube delle case discografiche per cui, con l’inizio del nuovo millennio, il nostro dette l’addio alla Columbia, iniziò una nuova vita che partì con il cambio del nome che divenne Sananda Maitreya. Nel 2002 il musicista sposa ad Assisi l’italiana Francesca Francone e si trasferisce a Milano, dove vive tuttora. Una rinascita e un processo di riappropriazione spirituale e artistica che si possono avvertire nel nuovo doppio album appena uscito, “Pandora’s Playhouse”, sorta di sequel del precedente triplo “Prometheus & Pandora” (2017).

Ancora oggi continua a elargirci il suo tocco R&B, il soul, un canone pop talora arricchito da colori psichedelici peraltro già presenti nella sua produzione precedente. Punti focali mai abbandonati, oggi inseriti in percorsi nuovi: il tocco jazz apportato dal pianista Antonio Faraò, ospite nel brano d’apertura “Pandora’s Plight”; il duetto con Irene Grandi in “Time Is On My Side”, classico di Norman Meade universalmente conosciuto per la versione incisa dai Rolling Stones nel 1964; la collaborazione con la band australiana The Avalanches e la cantautrice Vashti Bunyan per “Reflecting Light”.

Questa opera è un viaggio musicale di 28 tracce su due volumi. È ricca di filosofia e mitologia con canzoni su Rod Steiger, Prince, donne italiane, il nostro posto nell’universo e molti altri argomenti. (Nella mitologia greca, Pandora fu la prima donna umana, un po’ come la vigilia biblica. Gli dei le diedero dei doni, incluso un barattolo che quando aprì scatenò i mali e i vizi che ora riempiono il mondo). I concetti sono intricati e devono essere esplorati con una mente aperta, ma la musica verrà subito da te – scanalature, altalene e rocce. E la voce di Maitreya sembra ancora aver ricevuto il suo dono dagli dei.

L’album inizia oscuramente, ma man mano che il disco progredisce con brani come “Don’t Break My Balls”, “Mama’s Boy Blues”, l’eccezionale “Her Kiss”, “Life’s A Bitch”, le profondità ottimiste ma nascoste di “Mr. Skeleton”, “In America” e “The Ballad of Smokey Robinson”, l’artista formalmente conosciuto come Terence Trent D’Arby porta in primo luogo il proprio stile e la propria causa consapevole, contenta di esibirsi nella Playhouse, disposta a ballare con Pandora e i suoi doni. Il lavoro è di livello notevole, avvincente, una serie di canzoni che rifiutano di essere respinte con tutto il cuore e gettano il coperchio su ogni scatola che si trova all’interno, perché in quelle scatole giace più della sofferenza, del dolore e dell’angoscia, e persino della speranza, c’è il dono più grande di tutti, l’amore, ed è con quell’emozione umana illimitata che Sananda Maitreya ha probabilmente offerto al mondo la sua migliore opera fino ad oggi!!!


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