ROBBIE KRIEGER- “The Ritual Begins At Sundown”Incredibile come la Mascot/Provogue stia mettendo sotto contratto molti dei più famosi chitarristi in circolazione, senza voler offendere nessuno, mi sembra diventata un ‘cimitero per elefanti’. D’accordo che la figura del solista nell’immaginario rock è quella che ha sempre solleticato le fantasie degli ascoltatori, ma spesso molti di essi sono bravi strumentisti e non altrettanto capaci compositori.
Ora è la volta di Robbie Krieger, noto solista dei Doors, che esordisce con “The ritual begins at sundown”, il suo primo album solista da dieci anni a questa parte, anticipato dall’uscita di “The Drift”. L’album ha una ispirazione jazz ed è stato scritto insieme al bassista Arthur Barrow, già nella band di Frank Zappa. Nell’album oltre a Krieger e Barrow ci sono gli ex membri della band di Frank Zappa Jock Ellis (Trombone), Sal Marquez (Tromba) e Tommy Mars (Tastiere), AeB Bryne (Flauto), Vince Denim (Sax), Chuck Manning (Sax), Joel Wackerman (batteria) e Joel Taylor (batteria), che si alternano.
Il disco è stato registrato all’Horse Latitudes Studio di Robby Krieger a Los Angeles ed è composto da nove brani originali più la cover di “Chunga’s Revenge”, title track del decimo album di Frank Zappa pubblicato nel 1970. La presenza dei fiati fa virare il suono verso il funk, anche se, in definitiva, il disco sembra trarre ispirazione dal sound di Zappa, quello di fine seventies inizio decennio successivo, per essere chiari quello di dischi quali “Joe’s garage”, “You are what you is”, “Them or us” e, per il fatto che sono entrambi strumentali, “Shut up ‘n play yer guitar”.
Robbie iniziò ad interessarsi al jazz una volta uscito dalla storica band, periodo in cui cominciò a frequentare un ragazzo di nome Sal Marquez che gli trasmise la passione per il jazz. Krieger afferma che: ’devi avere una certa abilità musicale per capire veramente il Jazz, quando ero giovane non lo capivo per davvero, mi ci è voluto un po’. Andavo nei club con John Densmore (il batterista dei Doors, ndr), prima dei Doors, per apprezzarlo davvero. Andavamo a vedere Wes Montgomery, Roland Kirk, Miles Davis, cose del genere. All’inizio non lo capivo davvero, ma dopo un po’ mi è entrato e dopo l’ho sempre amato’
Lo stile del nostro non è cambiato molto dai tempi d’oro. Ascoltate il jazz-rock di “What was that?”, impregnato di funky, con i fiati in bella evidenza, le tastiere di Mars estremamente liquide e il basso di Barrow pastoso e rotondo che fanno da cornice alle note di Robbie, che dimostra di essere ben dotato e abile nel controllo dei toni e dei suoni, rilasciando un solo, alternato a quello del sax, molto zappiano, fluido e complesso.
“Slide home” è un brano più psichedelico con sonorità sognanti e spaziali e la sei corde sempre alla ricerca di linee complesse e il flauto che si erge co-protagonista. “Chunga’s revenge” rimane ancorata allo stile del suo autore, viene resa con grande carica da tutta la band e possiamo assistere ad un altro assolo ricco di tecnica e feeling. Il singolo “The drift” è un brano molto anni settanta sul filone del jazz-rock impregnato di funky. Lo trovo un po’ datato anche se non si può disconoscere la capacità sullo strumento dell’ex Doors, abilità che risalta ancor di più nel pezzo “Yes the river”, con un assolo da urlo su una lenta atmosfera di grande suggestione. Si prosegue su temi che continuano a spaziare tra rock, jazz, funk e persino fusion come accade in “Hot Head” che richiama alla mente gruppi come gli Spyrogyra, YellowJackets, Tom Scott & The L.A. Express e Robben Ford.
Al temine dell’ascolto sono rimasto dubbioso di come debba concludere la recensione. C’è sicuramente abilità, passione, ma il suono mi risulta un tantino passato e, soprattutto, manca la genialità che Zappa sapeva elargire nelle sue opere!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *