Ecco un magnifico personaggio, ha sempre bazzicato ai margini del mondo musicale. Il soprannome di Moore è “the godfather of home recording” che dice tutto delle caratteristiche del nostro e che ci delizia come cantautore e multistrumentista dal lontano 1968. Non crediate che sia stato parco con le uscite perché dalla fine degli anni sessanta ad oggi ha dato alle stampe centinaia di dischi autoprodotti in modalità lo-fi e parecchie compilation pubblicate da varie etichette indipendenti.
L’instancabile cantore dell ‘altra America’ ci delizia con il suo nuovo album, concepito in combutta con il fan della primissima ora Ariel Pink, e altri quali Jason Falkner, Irwin Chusid (anche produttore).
Da 40 anni il nostro si è imposto come gentile e svagata figura anti-establishment, in un excursus pop psichedelico in bassa fedeltà che nel corso degli anni ha conquistato i favori della comunità indie. Un precursore – al pari di Daniel Johnston – che ha colto tutte le potenzialità e le possibili sfumature del bedroom pop.
Questa volta è entrato in uno studio professionale con l’idea di presentare vecchi brani in una nuova veste, pescando da un lasso temporale cha dai settanta arriva ai novanta, aggiungendo qualcosa di nuovo. Alla masterizzazione ha pensato l’eminenza grigia Kramer.
Se non avete nessuna conoscenza di R. Stevie non credereste che si tratti di un settantenne, ma di un ventenne che riesce a miscelare folk, power pop, lo-fi indie, melodie sixties di matrice Beach Boys con un gusto ed una creatività da sbalordire.
Potrebbe essere l’incontro che aspettavate da tempo con un disco in grado di sorprendervi continuamente!!!
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