PSYCHEDELIC FURS- “Made Of Rain” cover albumA distanza di circa 30 anni dalla settima prova “World Outside”, la new wave band londinese Psychedelic Furs torna con un nuovo album via Cooking Vinyl. Il disco s’intitola “Made Of Rain” e ad anticiparlo troviamo “Don’t Believe”, lead single che sembra riportarli diritti ai loro primi anni ’80, agli intrecci chitarristici e al cantato declamato dell’esordio e del successore “Talk Talk Talk” e meno alle melodie e alla produzione (sulla quale aveva messo le mani Stephen Street) di “Until She Comes”, brano con il quale aprivano alla prova del 1991 (influenzata dalle ritmiche dance rock e dal madchester sound di quel periodo).

L’ultimo brano inciso dalla formazione prima dell’annuncio di questo ottavo album è “Alive (For Once in My Lifetime)”, ballatona post-grunge da accendini allo stadio contenuta nella raccolta “Beautiful Chaos: Greatest Hits Live” e a cantarla nel 2001 trovavamo un frontman in vena di falsetti con un look vagamente David Bowie.

La band, oltre che dai fratelli Butler, Richard (voce) e Tim (basso), è attualmente formata da Paul Garisto (batteria), Rich Good (chitarra), Amanda Kramer (tastiere) e Mars Williams (sax). Il disco è stato prodotto da Richard Fortus (ex membro della formazione di Richard Butler Love Spit Love e attualmente turnista per i Guns N’ Roses) e missato da Tim Palmer (Pearl Jam, Robert Plant).

Il gruppo londinese è indubbiamente legato agli anni ottanta, ma lungi dall’essere associati al filone più commerciale del decennio (rischio altamente corso dopo il boom di un singolo irresistibile come “Heaven”), sono stati in grado di mantenere una grande credibilità artistica, smarcandosi dal fenomeno pop e virando con il tempo verso composizioni più sofisticate, in cui venivano mescolate egregiamente istanze rock, post punk e new wave, creando così un substrato musicale assolutamente personale e riconoscibile. Dopo il 1991 la band cadde in un lungo oblio fino alla riunione per i concerti (loro come tanti, a inizio anni ’00, quando è iniziata la retromania) per poi decidere di passare anche al disco.

“Made of Rain” è un felice rientro, questo lo possiamo accennare prima ancora di addentrarci tra le pieghe del disco, e lo è principalmente per la freschezza e l’efficacia delle canzoni, che veramente non temono di confrontarsi sullo stesso campo dei loro figliocci emersi nell’ultimo lustro. Ecco, da una parte il loro ottavo album di studio è in continuità positiva con gli ultimi due e col solista del cantante: qualche pezzo epico che esalta le celebri tonalità roche della voce di Butler (la frenesia potente dell’iniziale “The Boy Who Invented Rock’n’Roll”, dalla metrica vagamente “The Mercy Seat” e sospese divagazioni finali, una “Don’t Believe” proposta come singolo che incalza sulla scia della big music anni ’80 guidata infatti da una chitarra Simple Minds. Il loro ritorno porta in dote arrangiamenti più morbidi ed in linea con un tipo di rock mainstream, ma sono sempre in possesso di una carica e di un fascino che il tempo non ha scalfito. C’è il romanticismo di “Tiny Hands” e “Turn Your Back On Me”. Sono all’interno di un territorio rock più che pop, che si rifà agli anni ottanta. Gli episodi migliori sono quelli che li avvicinano maggiormente ad una componente vagamente folk, ed ecco la morbida “You’ll Be Mine” e la melodica “Wrong Train”, dai toni epici, preludio alla prima vera ballata in cui ci si imbatte lungo il cammino: “This’ll Never Be Like Love”. Protagonisti nel finale un (seppur breve) assolo di chitarra e un elegantissimo intervento di Williams al sassofono. Non tutto l’album però si posiziona su elevati standard qualitativi, a volte si ha l’impressione che alcune tracce potessero essere arrangiate meglio (un esempio su tutti la caotica “Come All Ye Faithful”, oppure una “Hide the Medicine” che pare stucchevole e ridondante).

In conclusione si tratta di un album di buone canzoni a cui manca il singolo trainante, ma forse era un’illusione sperarci, quelli li avevano già scritti in altri tempi!!!


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