I Palm di Philadelphia sono più o meno degli sconosciuti e, forse, tali resteranno.
Non cadete nell’errore di ignorare questa uscita, perché vi privereste della possibilità di trovarvi di fronte ad una delle pop band più intelligenti sulla scena, formata da studenti dei college americani che cercano ancora di dare sostanza ed imprevedibilità alla forma canzone.
I nostri sono al secondo disco dopo che nel 2015 pubblicarono “Trading basics” per la piccola indie label Exploding in Sound Records che già metteva in mostra buoni numeri.
Diverse sono le cose positive di cui parlare come la capacità di comporre pop songs ma con un tiro sghembo(“Pearly), ottimi dialoghi chitarristici, il tentativo di non ancorarsi ad un’unica soluzione, ma andare a riscoprire anche il pop magniloquente dei sixties come nella folgorante “Composite” ed ancora in “Bread”.
La differenza con il lavoro precedente sta nella presenza dell’elettronica che rende gli arrangiamenti più sofisticati e sorprendenti anche se pare che non siano stati utilizzati synth, ma trigger mossi da chitarre e batterie che generano segnali MIDI immediatamente riprocessati.
Un lavoro piacevolmente sorprendente.

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