OUTLAWS- “Dixie Highway”Questo disco è dedicato a tutti gli appassionati di rock sudista, quello storico, che pose le sue radici negli anni settanta e che oggi non dava da tempo dimostrazioni di buona salute a causa di problemi dovuti alla cessazione dell’attività (Allman Brothers Band), di un impegno solamente concertistico (Marshall Tucker Band). Qualcuno ogni tanto incide (Lynyrd Skynyrd), ma sono uscite di livello basso se paragonate a quelle del bel tempo che fu. Altre, come gli Atlanta Rhythm Section, sono sparite dai radar da tempo immemorabile, Charlie Daniels ha la sua età e incide solo dischi country, i Black Oak Arkansas, gruppo di seconda fascia, non li considero nemmeno dopo l’uscita, lo scorso anno, dell’orribile “Underdog Heroes” e i Molly Hatchet danno alle stampe prodotti in linea con la loro carriera discografica, cioè lavori che si dimostrano più vicini all’hard-rock e spesso alquanto dozzinali.
Rimangono gli Outlaws, band che in quel periodo storico esordì abbastanza tardi, ma non raggiunse mai il successo delle summenzionate formazioni. Provenivano da Tampa, Florida. Nati verso la fine degli anni ’60, dopo numerosi cambi di line-up trovano la loro definitiva incarnazione nel 1972 (Thomasson, Paul, Jones, O’ Keefe, Yoho) con la quale pubblicano l’interessante album d’esordio omonimo. Seguono una serie di lavori piacevoli di musica southern (“Lady in waiting” (1976), “Hurry sundown” (1977), “Playin’ to win” (1978)), che però non sono sufficienti a porli nell’olimpo del genere assieme ad Allman Brothers Band, Lynyrd Skynyrd, Marshall Tucker Band, Charlie Daniels Band. Nel 1978 uscì pure il doppio live “Bring it back alive”, con un’intera facciata dedicata alla leggendaria “Green grass and high tides” che testimonia uno dei momenti più straordinari dell’epoca d’oro del southern.
La Dixie Highway a cui gli Outlaws hanno voluto intitolare il loro nuovo album fu la prima arteria stradale a collegare il Midwest con il Sud degli Stati Uniti connettendo Chicago a Miami: una strada mitica e iconica di cui sono sopravvissuti solo alcuni tratti ma che resta un simbolo dell’orgoglio, della forza di volontà e del desiderio di esplorazione che caratterizzano il popolo americano.
Si tratta di un lavoro che li riporta all’inizio della loro avventura, in cui i “Fuorilegge” mettono in mostra la loro abilità strumentale per dar vita ad una musica perfetta per chi ama il rock-boogie chitarristico più sincero e ricco di feeling, ma che sa anche donare brani che, da un punto di vista compositivo, non sono lontani dai loro momenti migliori, quelli della seconda metà dei seventies. Il loro appuntito tridente chitarristico e le armonie a tre voci di derivazione country restano tuttavia impressi nel DNA degli Outlaws, tornati in azione nel 2012 con “’It’s About Pride” con una nuova e agguerrita formazione che ai membri fondatori Henry Paul (voce e chitarra) e Monte Yoho (batteria) affianca Randy Threet (basso e voce), Steve Grisham (chitarre e voce), Dave Robbins (tastiere e voce), Dale Oliver (chitarre e voce), Jaran Sorenson (batteria) e il chitarrista ospite Billy Crain, una ‘guitar army’ ancora capace di suonare con l’entusiasmo, la grinta e il fuoco interiore di un gruppo di ventenni urlando ai quattro venti (nel primo pezzo del disco) che il rock sudista non morirà mai. “Southern rock will never die” è una rock song potente e trascinante con un ritornello catchy in cui si nominano alcuni storici musicisti scomparsi quali Steve Gaines, Ronnie Van Zandt, Gregg e Duane Allman, Toy e Tommy Caldwell e “The Flame” soprannome con cui era noto Hughie Thomasson, chitarrista originale dei nostri. Non mancano, ovviamente, trascinanti assoli di sei corde.
La raccolta è un trionfo di stimolazioni southern rock, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più melodici e country-blues alla maniera della Allman Brothers Band. Semi ballad elettroacustiche come “Overnight from Athens” o la rilettura del classico “Heavenly blues” (da “Hurry sundown”) ci avvolgono nella caratteristica atmosfera che profuma di spazi sconfinati, cieli tersi e senso di libertà mischiato a quello di solitudine dell’uomo di fronte alla natura. Ritmiche placide, slide guitar ed assoli a pioggia, sono il timbro caratteristico di questa band. Le tre chitarre funzionano come sempre, lo si può notare nella struggente cavalcata “Endless ride”, classico pezzo ultra-romantico segnato dalle sciabolate solistiche e dall’intensità finale alla “Free bird”. La dolcissima e malinconica “Macon memories” ci narra invece del tempo trascorso e dei tanti tragici vissuti che hanno segnato non solo la storia dei The Outlaws, ma dell’intero movimento sudista.
Era difficile puntarci a priori, ma “Dixie highway” è un bel disco che tiene in alto la bandiera del sud, provate per credere!!!


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