NORAH JONES- “Pick Me Up Off The Floor” cover albumSono trascorsi vent’anni dallo strepitoso successo, soprattutto in America, dell’esordio di Norah Jones per un’etichetta prestigiosa quale la Blue Note, ma ancora oggi ci si interroga sulle reali qualità della figlia di Ravi Shankar.

Nei discorsi con i vari appassionati di musica ho sempre percepito un certo rifiuto per la sua proposta, sia da parte dei jazzofili, a cui non piace lo stile smooth che la nostra ha scelto, sia strumentalmente che compositivamente, sia da parte degli amanti della musica alternativa che la considerano un mero prodotto commerciale, anche se, per la verità, risulta essere un’artista di difficile classificazione. Personalmente la ritengo una musicista talentuosa il cui pubblico è quello che predilige il mondo del ‘Great American Songbook’. Certo ha dei limiti, che ritengo stiano nelle ritmiche, sempre troppo avvolgenti e raffinate, ma prive di spunti sorprendenti, e in un cantato caldo e rassicurante, ma carente di drammaticità. In definitiva credo che alla Jones interessi arrivare solamente alle orecchie di chi è disposto ad ascoltarla, non cerca artifizi per rendersi più appetibile, oppure per conquistare nuove fette di appassionati.

Dopo questa lunga introduzione credo vi interesserà sapere come sia questo disco. La risposta è che siamo al cospetto di un bell’LP, dotato di una nuova maturità pur con i limiti di cui sopra.

Meno apertamente jazzistico di “Day Breaks” del 2016, questo set di nuove canzoni autoprodotte avvolge country, soul e jazz in morbidi cuscini di suono presieduti dal notevole canto avvolto dal fumo, mai così in passato. È uno straordinario strumento di controllo e comfort e rende ancora più efficaci le pepate liriche. La musica è impostata per non disturbare, ma Jones ha trovato un modo sfumato ed emotivo per discutere di perdita, bugie, rimpianti, indecisione e depressione, insieme al valore della protesta e della sfida. Sì, è blues in un bel colore pastello, mai pura desolazione, ma è chiaro che qualcosa – o qualcuno – ha deluso Norah negli ultimi quattro anni.

Potrebbe essere una coincidenza che questo album sia in linea con il ciclo elettorale degli Stati Uniti, ma i testi sono nebbiosi e irrisolti come ‘non sembrare così triste, non è così male / O no? Potrebbe essere oggi’ raramente sono sembrati così azzeccati. Si avverte un pensiero scuro nelle tredici tracce (una delle quali scritta da Jeff Tweedy) che si muovono tra aperture gospel, richiami swing e deviazioni country-americana.

Un lavoro che sembra aver catturato, in modo misterioso, lo stato d’animo incerto e nervoso del tempo!!!


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