MOVIE STAR JUNKIES- “Shadow Of A Rose” cover albumCosa ci rimarrà di questo anno orribile da ricordare? Penso solamente piccole cose personali come potrebbero essere i libri, i film e, per me che sono appassionato, i dischi. Ho ascoltato molto quest’anno, forse con più attenzione del solito visto che non metto piedi in negozio da mesi per una serie di motivi spiacevoli e quindi ho potuto farlo con maggiore concentrazione. Ho avuto l’opportunità di familiarizzare con parecchi album veramente interessanti. Mi hanno aiutato a non pensare a tutto ciò che il 2020 mi ha causato. Tra i molti che hanno allietato le mie giornate c’è sicuramente “Shadow of a rose” dei Movie Star Junkies, band tra le più dotate nella nostra penisola, non solo per quanto riguarda i dischi pubblicati, ma pure per le loro performance sul palco, dove sono soliti dare vita a live set incendiari e indimenticabili. La musica è un blend di selvaggio garage/R’n’R venato di psichedelia e blues dai toni oscuri.

Erano sei anni che non si facevano sentire, una lunga assenza che ci aveva fatto temere che non fossero più attivi anche per i diversi progetti a cui il cantante Stefano Isaia si era dedicato (Lame, Love Trap; La Piramide di Sangue e Blind Beast). Alla fine tornano sempre, anche se li si dà per dispersi. Questo nuovo lavoro, edito per la francese Teenage Menopause, fondamentalmente svolge una doppia funzione: cancella in un attimo quegli anni di silenzio, ci ributta addosso la miscela incendiaria di punk-blues con cui li abbiamo sempre conosciuti e, al tempo stesso, ci scaraventa, a nostra volta, in mezzo alla mischia sudata, condivisa, ammucchiata dei loro accesi live.

“Shadow Of A Rose”, definito dalla label come il «missing link between the previous albums “A Poison Tree” and “Son Of The Dust”», è il solito concentrato di canzoni crude sparate sulla nostra faccia (l’opener “Shadow Of A Rose” o una “She Came Alone” che ci immaginiamo trascinante in sede live, con quel crescendo che sa di blues del sud) inframmezzate da ballad più o meno oscure e notturne (su tutte la lunga “Woman Undone”), sempre intrise di un forte taglio drammatico e narrativo. Non è casuale che sempre l’etichetta suggerisca come referenti ideali scrittori come William Faulkner e Hubert Selby Jr, vale a dire quel senso amaro delle reminiscenze del southern gothic americano unito alla dimensione più laceratamente metropolitana e depravata.

Ecco, unite i referenti musicali, veri e propri padrini della formazione, quali Birthday Party/Bad Seeds degli esordi e Gun Club e avrete un quadrilatero maledetto e affascinante la cui colonna sonora è interamente in questi solchi.

Insomma, per farla breve i Movie Star Junkies sono un gruppo come se ne ha pochi e non solo in Italia!!!


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