MOLCHAT DOMA: “Monument” cover albumA seguire “Etazhi” del 2018, “Monument” è il nuovo e terzo album dei Molchat Doma per la prima volta su Sacred Bones. L’album è stato scritto e registrato mentre la band bielorussa si trovava in isolamento forzato nelle città natale di Minsk in seguito alla pandemia mondiale. “Ne Smeshno” è il primo singolo estratto.

Secondo la nota stampa, il disco «si pone come un monumento a tutto ciò che i tre musicisti hanno realizzato nel loro ancora breve periodo di attività come band, da sconosciuti chiacchierati a icone underground enigmatiche […]. “Monument” li vede tornare come eroi conquistatori, espandendo la meraviglia minimalista di “S Krysh Nashikh Domov” ed “Etazhi” per realizzare appieno una visione più massimalista del loro cristallino suono post-punk».

Scritto e registrato mentre la band era in quarantena nella loro città natale di Minsk durante la pandemia COVID-19, l’album è un consapevole passo avanti nella scrittura e nella fedeltà, e rivela una formazione straordinariamente a proprio agio nell’abito indossato. Sia che suoni sulla pista da ballo, come fanno nell’inno synthpop “Discoteque”, o che lavori in modo più introspettivo sui preferiti live pre-pandemici “Otveta Net” e “Ne Smeshno”, il gruppo ha il controllo completo. La loro più grande forza è sempre stata la scrittura delle canzoni e sono solo migliorati.

Man mano che gli arrangiamenti della band sono diventati più sofisticati, anche i suoni che usano per dar loro vita sono andati di pari passo. L’arsenale di Roman Komogortsev e Pavel Kozlov è cresciuto fino a includere una vasta gamma di sintetizzatori e drum machine, che utilizzano con precisione. La voce di Egor Shkutko si muove in modo fluido tra la sua familiare monotonia impassibile e un canto espressivo, i suoi testi russi splendidamente forniti a volte cupi e romantici. Shkutko è stato spesso paragonato a Ian Curtis, ma qui supera il confronto.

Il trio ha messo a punto un album il cui suono è sicuramente nostalgico, ma in grado di essere attuale per via dei parallelismi tra l’Inghilterra dei primi anni ‘80 e la situazione dell’area ex-socialista dell’Europa dell’est. C’è un’alienazione a cui è difficile distaccarsi come si deduce fin dall’apertura di “Utonut”, abile a muoversi tra ritmiche electro-funk, sincere melodie sintetiche e il cantato confidenziale e modesto di Egor (sicuramente molto fa l’uso della lingua madre nel creare questa sensazione). I riverberi di luce bianca di “Obrechen” mescolano i Cure dei primi anni con l’europop, facendoci comprendere che i nostri non lavorano su tante coordinate sonore piuttosto poche, ma eseguite a regola d’arte. Non c’è ironia nella loro proposta, suonano dannatamente autentici.

Con “Monument”, i Molchat Doma hanno fatto una delle cose più difficili da eseguire come band. Hanno notevolmente ampliato la portata della loro musica pur conservando tutto ciò che li ha resi grandi in primo luogo!!!


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