Ci sono occasioni che sembrano create ad arte per fare in modo che il prodotto finale possa essere quanto di più appetibile per un pubblico di impronta indie.
Potrebbe sembrare il caso dei Lump, gruppo composto da Mike Lindsay (Tunng, Throws) – un prolifico produttore e vincitore del Mercury – e Laura Marling cantante britannica e vincitrice di un Grammy.
I due si conobbero dopo un concerto di Neil Young a Londra in cui Laura aprì la serata.
“Lump” è un mix inebriante di chitarre vintage, synth Moog e tamburi a contrasto di un drone pop che si bagna in nuvole di flauti e voci.
I testi sono ispirati al Surrealismo dell’inizio del XX secolo e alla poesia dell’assurdo di Edward Lear e Ivor Cutler.
La caratteristica più rilevante del disco è che ogni brano prende un particolare sonoro da quello che lo precede, di solito un bordone, senza soluzione di continuità. La traccia finale invece snocciola i credits dell’album.
Il lavora suona un po’ come i Tuung tra atmosfere oniriche e psichedeliche e chitarrine leggere leggere di contorno (“Late to the flight”).
I momenti più riusciti mi sembrano quelli in cui ci si prende qualche rischio in più come nel pezzo “May i be the light” in cui una voce di impronta folk si mescola al sequencer dei synth oppure nella fortemente debitrice a PJ Harvey “Curse of the contemporary” in cui la Marling da libero sfogo alle proprie virtù canore.
Tenendo presente che le registrazioni sono state alquanto rapide il prodotto è comunque di qualità più che soddisfacente.


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